Non diciamo nulla di nuovo se affermiamo che la nostra è una Regione caratterizzata da difficoltà economiche gravi, dove il pubblico impiego rappresenta la più grande azienda in cui è concentrato il maggior numero di posti di lavoro dell’intero “Sistema Molise”. Un sistema nato spesso per le clientele, gravato dai costi sproporzionati della classe dirigente e dei relativi Consigli di amministrazione e che si mostra sempre estremamente debole poiché sostenuto prevalentemente da precari. Una terra in cui, più che in molte altre, la flessibilità lavorativa ha perso il suo ruolo di inserimento nel mondo del lavoro, favorendo un aumento smisurato del precariato.
Purtroppo, dopo i dati nazionali che vedono nuovamente il nostro Paese vivere una fase di recessione è necessario fare una riflessione e rimettere l’accento sulla Regione Molise che come precisato dagli ultimi dati SVIMEZ e dagli studi UIL è fanalino di coda in termini di occupazione, vantando diversi tristi primati. È opportuno ricordare, infatti, che siamo al primo posto per la disoccupazione giovanile, in termini percentuali siamo una delle Regioni con il maggior numero di precari e siamo tra le poche che non ha proceduto anche ad una minima stabilizzazione nel pubblico impiego, in particolare nel settore sanitario, dove ci sono lavoratori storici, ormai in età di pensione, e non stabili. Il record lo deteniamo anche essendo l’unica Regione a non aver recepito la circolare FADDA di proroga al 2016 dei precari della sanità, nonostante che nell’attesa della riorganizzazione del sistema sanitario tanti posti vuoti in dotazione organica si sono creati con i pensionamenti degli ultimi anni e che, a prescindere da qualsiasi blocco del turn-over o limite di spesa, andrebbero coperti per garantire il livello di servizi minimi essenziali.
All’intero di questa sterminata galassia di instabilità lavorativa, poi, troviamo quell’ampia fascia di giovani e donne che se pur considerati occupati non godono di “buona salute” proprio in virtù dello stato di precarietà minacciato dallo spettro quotidiano di trovarsi disoccupati il giorno dopo. E la cosa più preoccupante è che si tratta prevalentemente di Lavoratori che garantiscono servizi non occasionali ma essenziali e che dovrebbero essere fissati con rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Non è mai superfluo ricordare a noi stessi, poi, che buona parte di alcuni organici di enti che gestiscono servizi pubblici di rilevante importanza dal punto di vista sociale e produttivo quali Sanità, Enti Locali, Protezione Civile, Regione Molise, Camere di Commercio, Biblioteche, Molise Dati, Molise Acque, Centro per l’iImpiego (in quest’ultimo caso precari che lavorano per disoccupati!) sono composti da dipendenti precari.
Se rapportiamo, quindi, questi dati così imponenti rispetto al tessuto produttivo regionale, senza un intervento rapido ed efficace, rischiamo di trovarci da un momento all’altro dinanzi ad una vera e propria emergenza lavorativa.
Ormai, infatti, a tutti i livelli e nella molteplicità degli Enti pubblici, si registrano soltanto licenziamenti di lavoratori non stabili, attraverso il mancato rinnovo dei contratti di lavoro, attività che ormai è divenuta una triste consuetudine e unico metodo utilizzato per risanare le casse di Enti martoriate da sperperi che continuano comunque ad essere incontrollati.
A livello governativo è stato messo in campo il Decreto 101 sulla stabilizzazione, ma dopo il suo studio, confermiamo un giudizio di sostanziale insufficienza delle misure contenute rispetto al problema del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Dinanzi a tale condizione generalizzata su base nazionale è urgente che il Governo ed il Parlamento elaborino un percorso condiviso ed una grande riforma del lavoro, che permettano di superare l’utilizzo improprio del lavoro precario nelle Pubbliche Amministrazioni, sia per offrire certezze alle migliaia di lavoratori che prestano da anni la propria attività, sia per assicurare continuità all’erogazione delle prestazioni ai cittadini, spesso messa in discussione dai licenziamenti, soprattutto nelle strutture di tipo sanitario e socio-assistenziale.
In Molise, così come in Italia, bisogna definire un piano generale per le stabilizzazioni, evitando costosi ricorsi all’esternalizzazione dei servizi, pratica troppo spesso perpetrata e che ha portato solo a sperpero di denaro e favoritismi. Per rendere operativo un tale piano risulta ovviamente necessario derogare i vari patti di stabilità per le spese del personale e non ricorrere sempre e comunque a forme flessibili di lavoro, nella maniera così spregiudicata ed univoca, così come fatto sin ora a tutti i livelli.
In Molise, sulla questione, siamo in attesa di incontrare il Presidente della Giunta Regionale per declinare l’intesa già raggiunta a livello nazionale tra Ministero Affari Regionali, Ministero della Pubblica Amministrazione, Conferenza delle Regioni e Province Autonome e Sindacati per siglare un accordo di riordino partecipato delle Istituzioni e del territorio.
Comunque, sempre all’interno di un’ottica ampia della problematica, gli Enti Locali del Molise e le varie strutture pubbliche, sicuramente saranno interessati dalla sentenza che la Corte di Giustizia Europea emanerà nel prossimo autunno proprio sulla regolarizzazione dei precari. Qualora, infatti, le istanze di alcuni rappresentanti dei lavoratori saranno accolte dai Giudici, gli Enti pubblici potrebbero essere chiamati a stabilizzare i precari che possiedono i famosi requisiti della continuità lavorativa.
In conclusione, anche alla luce di quest’ultimo importantissimo dato, ci troviamo dinanzi ad uno scenario estremamente complesso, all’interno di una Regione in cui una grandissima parte di lavoro nel settore pubblico, dai servizi alla sanità, dalla protezione civile agli Enti Locali è svolto da anni da personale non stabilizzato ed il metodo che gli Amministratori stanno adottando è quello di lasciar scadere i contratti di lavoro, nel segno di una politica dettata dai bilanci e da un turn-over che non riesce a decollare.
Il tempo dei rinvii è terminato.
Bisogna agire concretamente e con decisione, guardando con meno avversione alla stabilizzazione dei lavoratori, cominciando a debellare gli sprechi a cui continuiamo ad assistere, rivedendo la spesa pubblica così da offrire una possibilità alle centinaia di donne e uomini, che non possiamo neppure più definire giovani, di programmarsi un’esistenza serena e dignitosa.
Boccardo (Uil): “Una Regione di Precari è una Regione Precaria”
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