Qualcuno che sperava che il danneggiamento dell’auto altrui o gli atti di vandalismo cui sovente sono sottoposte le nostre vetture fossero stati depenalizzati dopo il famigerato decreto legislativo sulle “depenalizzazioni”, numero 7/2016, esponendo colui che compiesse questo tipo di comportamenti al solo risarcimento dei danni si sbagliava di grosso. Per la Cassazione penale, infatti, sussiste il reato di danneggiamento ogni volta che sussiste l’aggravante dell’esposizione del bene alla fede pubblica: va condannato il responsabile di tali atti non solo al risarcimento dei danni ma anche alla reclusione. A stabilire alcuni importanti principi in materia è la sentenza 51622/17, pubblicata il 13 novembre dalla quinta sezione penale della Cassazione. Nella fattispecie è stato ritenuto responsabile l’imputato che aveva colpito con un martello l’auto del rivale parcheggiata su una strada pubblica e seppur dotata di antifurto e ripresa dalla telecamera dell’impianto di videosorveglianza installato all’esterno dell’abitazione del proprietario. È bene ricordare, infatti, che il suddetto decreto legislativo 7/2016 ha depenalizzato soltanto il danneggiamento semplice e non anche le ipotesi con violenza alla persona, minaccia o in occasione di manifestazioni pubbliche. Il fatto già previsto come reato dall’articolo 635, secondo comma numero 3, del Codice penale in quanto commesso sulle cose indicate dall’articolo 625 numero 7 del codice conserva rilevanza penale anche a seguito dell’introduzione della nuova normativa: continua a sussistere, in tal senso, un nesso di continuità e omogeneità fra vecchia e nuova formulazione laddove l’abolitio criminis non risulta generalizzata. Il veicolo, anche dotato antifurto satellitare, resta esposto alla fede pubblica: la circostanza che possa essere presto localizzato non impedisce ai ladri di rubarlo, anche se recuperarlo è più facile. Analogamente anche la presenza della telecamera di videosorveglianza della casa puntata sull’auto in sosta per strada non costituisce un immediato intervento ostativo al compimento del reato benché la registrazione aiuti a identificare il responsabile. E dunque non elimina quell’affidamento alla protezione assicurata dal senso di rispetto del bene altrui esigibile da parte di ciascuno che è a fondamento della previsione normativa sì da giustificare l’aggravamento della pena e, quindi, la persistenza della condotta penalmente rilevante. Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, continuano a sussistere tempi duri per i vandali e per coloro che speravano di farla franca con le annunciate depenalizzazioni.
Auto danneggiata volontariamente e atti di vandalismo contro veicoli? Continua ad essere reato
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