Eurostat, l’istituto di statistica europeo, ha analizzato il tasso di sostituzione, indicatore di quanto ammonta la pensione in paragone ai redditi del periodo immediatamente prima del ritiro, e ha confrontato le pensioni mediane tra i 65 e i 74 anni, con gli stipendi mediani, dei 50-59enni mostra quanto è alto l’incentivo per il lavoratore ad andare in pensione, in Italia è altissimo, il 69%,per cui raggiungere la pensione è uno dei principali obiettivi dell’italiano medio, in quanto siamo quelli che in pensione perdiamo meno reddito rispetto agli ultimi anni di lavoro.
Un neo-pensionato prende in media il 69% dello stipendio che percepiva negli ultimi anni di lavoro, mentre la media europea è di 11 punti in meno, il 58%, in Germania parliamo del 46%, superiamo anche la generosissima Francia,nonostante la Fornero, questo tasso è andato man mano crescendo negli ultimi 10 anni, passando dal 49% del 2007 al 69% attuale, da nessun parte vi è stata una simile progressione, nel 2010 eravamo vicini alla media UE, oggi la superiamo nettamente per effetto dell’andamento piatto della Germania in cui il tasso di sostituzione è rimasto stabile su livelli decisamente bassi.
Nella fascia di età tra i 65 e i 74 anni è diminuita la proporzione di coloro che godevano di pensioni sociali o di percorsi contributivi spezzati, ex coltivatori diretti, autonomi, ecc, con assegni ridotti.
Negli ultimi anni, dopo la riforma Fornero del 2011, vi è stata la corsa alla pensione da parte della generazione più fortunata della storia, quella nata negli anni ‘50, che ha cominciato a lavorare dopo la nascita dello Statuto del lavoratori, in buona parte graziati dalla riforma Dini, che avendo più di 18 anni di contributi versati nel 1996, hanno potuto proseguire con il calcolo retributivo fino al 2012.
Una generazione che ha lavorato in gran parte a tempo indeterminato con la garanzia dell’articolo 18, godendo di generosi aumenti salariali almeno per 30 anni, arrivati al ritiro al momento giusto, cavandosela meglio sia dei padri che dei figli, conservando il massimo possibile del reddito.
Il reddito degli over 65, seppur di pochissimo, superiore, a quello dei più giovani, l’1% più alto,il rapporto tra i redditi degli over e degli under 65 come il tasso di sostituzione è andato crescendo in molti Paesi, soprattutto in quelli che maggiormente hanno sofferto la crisi, come Grecia, e Italia, dove la differenza dalla media UE, nulla 12 anni fa, è man mano aumentata fino a diventare dell’8%.
Che gli anziani stiano diventando sempre più ricchi rispetto ai giovani è un fenomeno internazionale, da nessuna parte, così intenso come in Italia.
Non accade in Germania dove dei grandi progressi in termini di occupazione e salari hanno beneficiato i lavoratori più che i pensionati, succede in Grecia, dove le pensioni, pur decurtate, mantengono tanti figli e nipoti disoccupati.
Sono le nostre regole pensionistiche che per lungo tempo sono state, generose e insostenibili, o sono le condizioni dei giovani che lavorano che sono così peggiorate?
Le due cose sono correlate, i contributi per la previdenza sociale in Italia a confronto con in resto d’Europa vedono a carico del dipendente a livello di aliquota massima sotto la media UE del 2,8%, per la parte pagata dall’azienda al di sopra del 6,8%, negli altri Paesi queste tasse contribuiscono anche agli ammortizzatori per i lavoratori, come i sussidi di disoccupazione e reinserimento, non solo al pagamento delle pensioni come prevalentemente accade nel nostro Paese, per mantenere la generosità dei trattamenti, che oggi consentono quelle vette in termini di redditi dei pensionati, si è dovuto prelevare sul lavoro di chi una pensione non l’aveva ancora più di quanto non si facesse altrove.
Anche se negli ultimi anni sia il più grande sindacato italiano, sia molti esponenti politici si sono cimentati in uno dei loro esercizi preferiti, solleticare il consenso degli elettori con slogan sulla pensione (la metà dell’elettorato supera i 54 anni),nella prossima campagna elettorale risulterà vincente volgere lo sguardo alle componenti più fragili della società quelle composte da chi i contributi per la pensione li sta versando ora, con la speranza di poterne godere tra qualche decina di anni, con la certezza di non poter mai raggiungere gli stessi record dei padri e dei nonni.
Alfredo Magnifico
Andare in pensione conviene (ancora) moltissimo
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