E’ stata pubblicata dalla Cassazione civile un’importante decisione in tema di danni alla persona che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti, è meritevole di ampia diffusione per le ripercussioni che potrebbe avere nei confronti di tutte le vittime di sinistri stradali rimaste gravemente offese. In particolare, con l’ordinanza 26850/17, depositata dalla sesta sezione civile è stato precisato il principio secondo cui anche al disoccupato che ha subito una grave invalidità a seguito di un sinistro stradale dev’essere riconosciuto il danno patrimoniale: quando le conseguenze dell’incidente risultano gravi la menomazione della capacità lavorativa specifica è altamente probabile se non addirittura certa. In buona sostanza il giudice del merito, ove richiesto dal danneggiato, è obbligato a compiere un accertamento presuntivo sulla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dall’entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance.
In dettaglio, per i giudici di legittimità che hanno accolto il ricorso della vittima del sinistro avverso la decisione della Corte d’appello di Bologna: «In tema di danni alla persona, l’invalidità di gravità tale (nella specie, del 25 per cento) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di Chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice Odi ‘inerito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 cod. civ. (Cass. 12 giugno 2015, n. 12211).
Nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi (Cass. 23 agosto 2011 n. 17514; 7 novembre 2005, n. 21497). La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio (Cass. 14 novembre 2013, n. 25634).»
Insomma, nella fattispecie per cui vi è causa «Il giudice di merito, escludendo in partenza il danno patrimoniale per il sol fatto della mancata prova di uno svolgimento dell’attività lavorativa, non ha adeguatamente compiuto l’accertamento presuntivo in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dall’entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance».