La parola precarietà in questi ultimi mesi, probabilmente anni, è tornata in auge rispetto alle decisioni dal Jobs Act e successive iniziative prese quasi sempre concordemente dai sindacati e dagli esponenti politici.
Il mostro del precariato non è stato ancora addomesticato , anzi, guardando a quello che sta succedendo si rischia di rendere ancora più precario i precari,questa affermazione si genera da due considerazioni:
la considerazione verte sulla paura che nei tanti discorsi e dibattiti ascoltati, infarciti di buone intenzioni, si è palesato quell’atteggiamento tipicamente italiano per cui, da tempi immemori, la forma prevale sulla sostanza e a competenze reali e concrete si preferiscono competenze basate sull’etichetta, che mai come in questo caso non fa da cornice a competenze reali.
la seconda considerazione nasce dalla paura che la parola precarietà venga fondamentalmente abusata, quasi strumentalizzata, la precarietà viene svuotata del suo vero significato ed usata quale strumento per costruire un mondo del lavoro fondato sull’ansia anziché sul merito.
La precarietà nasce sull’assenza di reti sociali, di tutele che possano prevenire una persona dalla possibilità di scomparire completamente e va di pari passo con sopravvivenza. In condizioni di precarietà, reale e concreta, una persona ha poche possibilità di scelta; né può permettersi la possibilità di scegliere, né può fare molto per cambiare la sua circostanza.
Se da un lato, la precarietà in tal senso può essere intesa come scelta, obbligata; andare a lavorare a chilometri di distanza da casa, addirittura in altre regioni, lasciando affetti e vita sociale,per un contratto stagionale o temporaneo. Una condizione che, per mia conoscenza se fosse offerta su base indeterminata,con rispetto dei Contratti e delle leggi,il disoccupato non esiterebbe a prendere.
Una politica ormai allo sbando e degenerata vanta come Paradisiaca,quando la precarietà è assenza totale di tutele e rappresentatività,ma l’aspetto più truce è che la politica sta mettendo in campo in questi ultimi giorni iniziative che non solo non rivelano alcuna tutela nei confronti dei lavoratori ma semplicemente sgravi e benefici alle imprese.
Ritornando alla parola precarietà ed al suo avere a che fare con un’assenza di tutele, si riflette un un’assenza di orizzonte ed è possibile immaginare in condizioni di precarietà, si debba assistere a due atteggiamenti distinti; solidaristico tra pari, che condividono condizioni di precarietà o di forte egoismo, dove chi condivide la precarietà, cessa di pensare al bene comune e guarda solo al suo piccolo orticello.
Nel primo caso, la precarietà sarà inserita in una logica condivisa che assume la forma di un ecosistema, nel secondo caso, la precarietà sarà condannata a logiche di scarsità all’interno delle quali la coperta, sarà sempre troppo corta.
Nei dibattiti e nelle proposte di legge sembra prevalere questa seconda condizione, dove il discorso assume sempre i connotati di una sorta di guerra tra poveri.
Gli esiti su questo ragionamento dovrebbe rimandare a riflessioni più ampie circa le condizioni di lavoro in Italia e più in generale a quell’immenso vuoto che esiste tra lavoro pubblico e lavoro privato l’Italia, al contrario delle altre grandi economie Europee,
sembra effettivamente essere l’unica a non offrire posti di lavoro stabili se non nell’Amministrazione Pubblica).
Quando la precarietà si lega a logiche di scarsità, tutto il dibattito sulle nuove assunzioni e le future scelte politiche che si assumeranno, comportano notevoli delusioni per i soggetti che in maniera del tutto passiva, sono coinvolti,in parole povere all’interno delle logiche di scarsità, ci sarà sempre qualche lavoratore che risulta essere più precario di qualcun’altra, in questa categoria ci si possono tranquillamente ammassare i terziarizzati e i lavoratori in appalto.
Pochi hanno problemi ad accettare un contratto a tempo indeterminato, anche se questo fosse a migliaia di chilometri da casa, al contrario la precarietà è un lusso che non tutti se la possono permettere.
Da uno come Draghi e da un Governo che definisco di Solidarietà Nazionale, mi aspetterei, non il solito bailamme politico che ingenera la solita guerra tra poveri, ma un diverso atteggiamento che entri nel merito delle questioni e crei posti di lavoro certi che diano fiducia ai giovani e generi speranza nel futuro da spingere verso i consumi.
Alfredo Magnifico
Segretario Generale
Confintesa Smart