Al di là del trionfalismo governativo: crescono gli inattivi e calano gli indeterminati

Un aspetto che deve essere sfuggito ai componenti della maggioranza e alla  premier Giorgia Meloni, mentre con la calcolatrice, nel siparietto di “Porta a Porta” si faceva i conti; è l’evidenza chiara della spaccatura tra chi trova un lavoro e chi ci rinuncia o, sfiduciato, smette di cercarlo.

Gli ultimi dati Istat rilevano che a settembre 2024 sono diminuiti occupati e disoccupati, mentre continuano a cresce “gli inattivi”, quelli che un lavoro non ce l’hanno e non lo cercano, soprattutto tra le donne e nella fascia dei quarantenni, contemporaneamente si nota una brusca frenata per i rapporti stabili: meno cinquantacinquemila, su un calo totale di sessantatremila posti.

Pesano le difficoltà dell’industria nella componente maschile con il Pil italiano che nel terzo trimestre non cresce e con il mercato del lavoro che comincia a non sentirsi troppo bene.

Su sessantatremila posti di lavoro in meno, la quasi totalità sono contratti a tempo indeterminato (-55mila), il record dei 24 milioni di occupati scende a 23 milioni 983mila, mentre i disoccupati calano di quattordicimila unità, l’aspetto preoccupante è l’aumento dell’inattività, a settembre gli espulsi dal mercato, ovvero gli inattivi, sono cinquantaseimila in più rispetto ad agosto.

L’andamento annuale è significativo: a fronte di 301 mila occupati in più e 423 mila disoccupati in meno, si contano ben 337 mila inattivi aggiuntivi, in pratica, sono più quelli che hanno rinunciato al lavoro che quelli che ne hanno trovato uno nuovo.

Il tasso di occupazione scende al 62,1%, quello di disoccupazione è stabile al 6,1%, mentre il tasso di inattività sale al 33,7%, tornando ai livelli di inizio 2003.

A Settembre perdono posti di lavoro gli uomini (-52mila),  a causa della crisi dell’industria, in calo costante da oltre un anno, trainata verso il basso dal settore auto e dalla manifattura (tessile e abbigliamento).

L’occupazione scende meno tra le donne, che in un anno crescono più dei colleghi maschi (+179 mila contro +122mila), ma, a fronte di 264 mila disoccupate in meno, le donne inattive crescono di ben 190mila, che la posiziona al più basso tasso di occupazione femminile in Europa.

Tra gli uomini il calo dei disoccupati annuale di 158mila unità viene controbilanciato negativamente dai 147mila inattivi in più.

Dopo la crescita costante di contratti stabili, a settembre si è verificato un brusco calo, su 63mila occupati in meno, 55mila sono contratti a tempo indeterminato, non sono serviti sconti e super deduzioni a convincere gli imprenditori ad assumere, insomma, dietro il calo dei contratti stabili potrebbe esserci la crescita del ricorso alla cassa integrazione nella manifattura, con l’Istat che conteggia come disoccupato chi usufruisce dell’ammortizzatore da oltre tre mesi, diminuiscono i contratti a termine, tengono gli autonomi, che fa presupporre, che il mancato rinnovo dei rapporti a tempo determinato e il passaggio a forme di false partite Iva dietro cui si nasconde, in sostanza, il lavoro da dipendente.

In un anno, i contratti a termine sono centodiecimila in meno, a fronte di ottantuno mila autonomi in più.

A settembre la fascia di ingresso nel mercato tra i venticinque e i 34 anni, guadagna quattordicimila occupati, con una crescita di disoccupati di sedicimila unità e ventinovemila inattivi in meno, mentre la fascia intermedia dai 35 ai 49 anni soffre di più, dove crescono solo gli inattivi – più settanta tremila, con un calo di settantacinquemila occupati.

L’occupazione cresce solo tra gli under 35 e over 50 (entrambi al +1%), con la fascia di mezzo che cresce dello 0,1%,mentre gli inattivi tra i più giovani segnano un +1,9% in un anno, tra i quarantenni si arriva addirittura al +7,3% di inattivi in più nei dodici mesi, 144mila, ed è qui che si concentra la parte più debole del mercato, sulla quale si attende un segnale da parte del governo al di là delle  celebrazioni di record di occupati.

Lavoratori per i quali non esistono agevolazioni alle assunzioni e magari con competenze da aggiornare o riqualificare per essere ricollocati, una fascia affollata, forse, da ex percettori del reddito di cittadinanza, che non hanno trovato lavoro con la piattaforma Siisl e il Supporto formazione lavoro, misure che secondo il governo avrebbe dovuto far alzare dal divano gli occupabili che usufruivano del sussidio.

Alfredo Magnifico

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