Dopo anni di negoziati a rilento, l’Italia e la Svizzera hanno sottoscritto – il 23 febbraio 2015 – un accordo bilaterale che, tra l’altro, ha posto fine alle diatribe che negli ultimi anni hanno avvelenato i rapporti tra Roma e Berna. L’accordo regola in particolare due temi molto controversi:
a) l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri;
b) la regolarizzazione dei capitali detenuti illegalmente in Svizzera da parte di soggetti residenti in Italia, indipendentemente se frontalieri o non.
Contestualmente, l’accordo determina la fine del segreto bancario per i cittadini stranieri per cui, a partire dal 2018, la Svizzera trasmetterà all’Italia le informazioni relative ai depositi e agli investimenti effettuati dai cittadini italiani nella Confederazione.
La Svizzera rappresenta per l’Italia un punto di riferimento che va ben oltre la vicinanza geografica e i reciproci interessi economici, per altro intensissimi. Stante i dati Aire nel 2013 risiedevano stabilmente in Svizzera 558.545 cittadini italiani, con un aumento del 2,2% rispetto al 2012. Inoltre, la Svizzera, accogliendo quasi la metà dei lavoratori transfrontalieri d’Europa (dei quali oltre 60mila cittadini italiani) è nei fatti parte significativa dello sviluppo europeo e delle norme fiscali che ne regolano i rapporti.
Dopo il fallito tentativo di trovare l’accordo sul cosiddetto “Modello Rubik”, il Governo italiano ha emanato il decreto sulla Voluntary Disclosure (24 gennaio 2014), tracciando alcune red lines di un ipotetico accordo bilaterale tra Italia e Svizzera. Il decreto fu annunciato con chiarezza dal Ministro Fabrizio Saccomanni nell’incontro con l’omologo Ministro svizzero delle finanze, Eveline Widmer-Schlumpf, il 30 gennaio 2014 a Berna.
I termini dell’accordo fiscale
L’accordo bilaterale sigillato il 23 febbraio 2015 disciplina, fra l’altro, tre principi operativi che occorre tenere ben presenti:
1) l’Italia e la Svizzera si accordano di aderire al principio dello scambio automatico delle informazioni.
2) regolarizzazione del passato: l’Italia potrà chiedere informazioni relativamente agli ultimi cinque periodi d’imposta, vale a dire dal 2009 al 2014 e poi a seguire.
3) le parti avranno come scopo di trovare un’intesa sui seguenti punti (in un secondo momento): riduzione tasso residuo di imposta alla fonte per dividenti e interessi; residenza fiscale per casse pensioni per contributi obbligatori; adattamento delle disposizioni antiabuso.
L’accordo fiscale poggia, relativamente al versante italiano, sulla normativa vigente (in particolare TUIR e quadro RW) in base alla quale gli ex emigrati e gli ex frontalieri detentori di conti in Svizzera devono effettuare ogni anno il monitoraggio fiscale, cioè denunciare gli averi finanziari posseduti all’estero. Il monitoraggio fiscale, tra l’altro, incombe anche sulle persone residenti in Italia che hanno ereditato beni in Svizzera.
Gli adempimenti fiscali riguardano evidentemente tutte le persone che hanno effettuato investimenti in Svizzera (valori azionari e obbligazioni, assicurazioni private, partecipazioni a società) e sono pertanto tenute a dichiararli in Italia e a tassare gli eventuali proventi derivanti da detti investimenti.
Considerando che soltanto negli ultimi 50-60 anni in Svizzera vi è stata una turnazione stimata in oltre due milioni di cittadini italiani, si può intuire che l’accordo raggiunto riguarda un gran numero di persone chiamate ora a regolarizzare situazioni sviluppatesi sotto l’ombrello del segreto bancario. Su questo piano, occorre evidenziare che i redditi dei cittadini residenti in Italia, anche quelli prodotti all’estero, sono soggetti all’IRPEF e devono essere dichiarati a tal fine. Per quanto concerne l’accordo raggiunto, in generale sono imponibili a IRPEF e a dichiarazione i seguenti redditi o beni:
– i proventi da prepensionamento, rendite derivanti dal 2° pilastro (LPP) e dalle assicurazioni facoltative (3° pilastro).
– i redditi prodotti dal lavoro in Svizzera per quanto concerne i frontalieri residenti oltre la fascia di confine di 20 Km.
– i conti correnti posseduti in Svizzera da ex lavoratori frontalieri, soggetti a IVAFE (imposta di bollo) qualora abbiano una giacenza media di oltre 5mila euro.
– gli immobili di proprietà posseduti in Svizzera, soggetti a IVIE (analogamente, i cittadini italiani residenti in Svizzera sono tenuti a dichiarare al fisco elvetico gli immobili posseduti in Italia).
– le pensioni AVS (1° pilastro) erogate a ex-emigrati ed ex-frontalieri, qualora siano versate su un conto in Svizzera, per cui devono essere dichiarate al fisco italiano. Al contrario, le pensioni AVS erogate ai titolari direttamente in Italia, non sono imponibili a IRPEF in quanto già tassate alla fonte in Svizzera.
La regolarizzazione con autodenuncia
Come detto, il decreto emanato dal Governo italiano e successivamente convertito in legge dal Parlamento (legge n. 186 del 2014), denominato “Voluntary Disclosure”, consente ai cittadini italiani la possibilità di mettersi in regola con il fisco autodenunciandosi all’Agenzia delle Entrate (esclusa l’imposta di bollo a valere per i frontalieri, che dovranno presentare la dichiarazione tardiva). In concreto ciò comporta la notifica di tutte le attività finanziarie detenute in Svizzera dal 2009 ad oggi. Con l’autodenuncia si dovranno versare le tasse pregresse dovute al fisco italiano, ma con il beneficio di sanzioni ridotte alla metà o ad un terzo, a seconda dei casi, sanzioni dovute per evasione fiscale.
Attenzione, l’autodenuncia ha una scadenza: potrà essere effettuata entro e non oltre il 30 settembre 2015, dopo di che non sarà più possibile approfittare della sanatoria.
È evidente che potranno ricorrere all’autodenuncia tutte le persone, residenti in Italia, non in regola con gli adempimenti fiscali elencati in precedenza (coloro che non hanno effettuato il monitoraggio fiscale, ex-emigrati, ex-frontalieri, detentori di depositi e investimenti in Svizzera, ecc.).
La lettera di notifica delle banche
La fine del segreto bancario a partire dal 2018 ha indotto gli istituti bancari elvetici ad agire con immediatezza verso i propri clienti italiani. L’accordo, infatti, prevede che gli intermediari finanziari, banche in primis, invitino i detentori di conti e depositi a regolarizzare la loro posizione. A tal fine, essi hanno ricevuto una informativa con cui la banca invita il cliente a firmare una dichiarazione di conformità fiscale, ovvero ad assicurare che le proprie attività finanziarie non violano il diritto tributario italiano. In altre parole, ad assumersi in toto la responsabilità.
Franco Narducci