Ieri mattina, alle prime luci dell’alba, sono stati tratti in arresto cinque cittadini Bulgari (quattro uomini: Y.S., 33enne, P.D., 29enne, T.P., 29enne e Y.L., 59enne; più una donna: Y.B., 38enne), tutti dimoranti a Rotello. L’atto è stato compiuto in esecuzione di un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della detenzione in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Larino, per vari delitti tra cui il più critico è risultato essere lo sfruttamento della prostituzione. Le indagini, eseguite dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Larino sotto la direzione della Procura della Repubblica del centro frentano, hanno avuto inizio nel gennaio del 2013, dopo alcune osservazioni effettuate tra il comune di Rotello (dove sia gli autori che le donne sfruttate dimoravano), e Campomarino, dove aveva luogo l’esercizio del meretricio sulla SS16.
I militari, che hanno operato in abiti civili e con mezzi di copertura, hanno potuto verificare il sistematico accompagnamento delle donne da parte dei membri del gruppo, più o meno ogni mattina, con rientro nel tardo pomeriggio dopo le numerose prestazioni che esse fornivano ai clienti occasionali a bordo dei veicoli in transito. Presto si è compreso che le donne erano straniere, di nazionalità bulgara e rumena e che, con una certa frequenza, cambiavano. In poco tempo, comunque, è stato possibile appurare che le modalità di trattamento delle meretrici erano ben al di sotto della soglia dell’umanità. Esse, infatti, vivevano in dei veri e propri tuguri ed erano costrette a svolgere l’attività sotto pressante controllo, all’aperto anche in pieno inverno. Proprio nel periodo in cui i pedinamenti e le osservazioni dei militari operanti si facevano più intensi, una delle donne, tra le più giovani, si è spontaneamente presentata negli uffici dell’Arma di Larino per denunciare le atrocità a cui era sottoposta dai suoi aguzzini. La ragazza, nella sua narrazione, ha descritto scenari agghiaccianti. Ha raccontato, infatti, di essere stata sequestrata dagli sfruttatori, rapinata del denaro che aveva al momento con sé, sottoposta a violenza sessuale di gruppo ed infine segregata in Rotello dove la portavano ogni giorno a prostituirsi. Il racconto, nel quale non sono mancate le descrizioni di forte impatto, è tuttavia parso sin da subito lucido, coerente e, visti i riscontri che già erano stati raccolti, credibile. In esso, peraltro, la ragazza ha anche descritto le condizioni delle altre donne e (la qual cosa ha scosso gli investigatori), non ha mai utilizzato espressioni di odio o accanimento nei confronti degli autori, elemento che è stato interpretato come condizione di totale assoggettamento. In un passaggio, addirittura, ella descrive delle percosse piuttosto intense subite in un’occasione in cui aveva tentato la fuga con le frasi testuali “…non mi hanno fatto niente … solo dato qualche schiaffo e storto un dito…”. Da ciò si è compresa quale potesse essere l’ordinaria intensità delle violenze che quelle donne pativano. Proprio a seguito della denuncia della ragazza e dopo averla messa in sicurezza avvicinandola ad un apposito centro protetto della Rete Nazionale Anti-Violenza, la strategia investigativa è diventata ancor più focalizzata, con l’attivazione di intercettazioni telefoniche. Nei mesi di ascolto, è emersa in tutta la sua durezza la particolare crudeltà che gli sfruttatori ponevano in essere per affermare la propria supremazia e coercizione nei confronti delle donne. Frequenti le gravi minacce, i riferimenti alle botte, gli epiteti profondamente lesivi della figura femminile con espressioni non riportabili, per civile decenza, ma definite dagli stessi Magistrati “…di rara volgarità…”. Le indagini, inoltre, hanno permesso di comprendere quale fosse l’area di approvvigionamento principale delle sventurate che venivano poi condotte a Rotello per essere costrette a prostituirsi a Campomarino. Il personaggio connotato da maggior spregiudicatezza e violenza della banda (Y.S.) aveva un contatto con una sua connazionale nel foggiano. Quest’ultima era, di fatto, la procacciatrice che trattava le cessioni delle ragazze. A lei, poi verosimilmente espatriata prima della chiusura delle indagini, era ben nota la capacità violenta dei suoi connazionali di Rotello, tanto che in una circostanza, dopo aver gestito l’invio di un’ulteriore ragazza, ha invitato i suoi interlocutori a non trattarla come le altre perché costei era ritenuta di particolare capacità ed esperienza. Non meno spietato è risultato essere l’atteggiamento generale dell’altra donna inserita nel gruppo (la Y.B., poi arrestata). Raccapricciante è risultato il modo di trattare il caso di una ragazza rimasta incinta, per la quale proprio la donna del gruppo di Rotello si è espressa con frasi in cui invitava a sfruttarla con maggiore intensità, poiché una ragazza non in grado di prostituirsi era da ritenere inutile e, attraverso una continua attività sessuale con i clienti, sarebbe stato auspicabile un aborto spontaneo.
La cospicua messe di elementi gravemente indiziari, unita alla continuazione dei fatti reato, i cui proventi costituivano la sola fonte di reddito del gruppo, ha fatto sì che venisse emesso il provvedimento in questione.
Gli arrestati si trovano ora ristretti presso la casa circondariale di Larino, per quanto riguarda gli uomini, e di Foggia per la donna, in attesa degli interrogatori di garanzia. I reati a vario titolo contestati vanno dallo sfruttamento pluriaggravato al favoreggiamento della prostituzione, alla rapina, al sequestro di persona ed alla violenza sessuale di gruppo.