Cucina e dintorni/ La pulizia innanzitutto

Abbiamo già detto, in questa rubrica, dello storico contrasto tra cuochi e chef, tra tradizione e innovazione, tra uso di materie prime appena lavorate ed arte della trasformazione, anche estrema. Torniamo ai ricordi. La nostra mente, almeno quella di chi ha una certa età, corre ai tempi delle locande, delle taverne con teloni e tavoli all’aperto ed una situazione igienica quasi sempre precaria; ciò non ci demoralizzava, perché si pensava che, se il cuoco era bravo, un po’ di olio rifritto non ci avrebbe danneggiato. Vado oltre: i luoghi della tradizione pura erano spesso accompagnati dall’appellativo ‘u zozz’ (riservato al dialetto campobassano). Da giovane ed assiduo frequentatore di sagre paesane, vedevo come un rito mangiare il panino ‘zozzo’, con salsiccia o torcinello (detto ‘abbuoto’) e varie salse e condimenti, consumato rigorosamente al furgone, o, come adesso si preferisce dire, in presidio street-food; è ancora tradizione irrinunciabile per me, ma al massimo 3-4 volte l’anno. Quest’ultima consideriamola pure l’eccezione, con la prescrizione appena enunciata, perché sconfina nel fatto affettivo e nella trazione storica. I tempi si evolvono in meglio ed alcune storture adesso è bene evitarle; le prescrizioni igieniche sono regolate da norme precise, che tutelano al meglio la salute del cliente e impongono controlli stringenti dei Nas negli esercizi alimentari e nelle cucine. E questo è indubbiamente un bene, perché ci salva dal peggio, cioè l’intossicazione, anche grave. La battaglia sull’igiene viene portata avanti dagli chef famosi; più sono ‘stellati’ è più insistono sulla pulizia. L’argomento è trattato con forza nelle trasmissioni gastronomiche, dove è assiduo il controllo dei maestri di cucina sui neofiti o sui cuochi di ristoranti in rovina; il ‘guru’ mondiale della ristorazione, Gordon Ramsay, fa volare i piatti se sono sporchi e se la trasformazione degli alimenti non ha rispettato l’igiene. Argomento correlato: l’organizzazione. Sempre i talent gastronomici insegnano il lavoro di squadra, che non a caso viene chiamata ‘brigata’, quasi in gergo militare; la linea deve essere preparata in anticipo ed ognuno deve avere un ruolo preciso. Non si possono gestire catene di ristoranti, come fa il celebre chef anglosassone, senza rispettare i criteri prima descritti. Pulizia ed organizzazione: sono le premesse per una cucina efficiente e sana, a cui va aggiunta la premessa principale, materie prime di qualità. Anche questo schema organizzativo stride con il passato, fatto di cucine a tradizione familiare e caotiche; ma chi non rispetta i parametri è fuori mercato. Visto che il discorso tutela nostra salute, lo dobbiamo propagandare a dovere. Alla prossima.

Stefano Manocchio

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