Non poteva mancare il nostro intervento su quanto sta accadendo in Molise che, causa il rinvigorirsi delle numerose frane che castigano il territorio e i suoi abitanti, somiglia sempre di più alla torta “sbrisolona” il dolce tipico di Mantova. Un dolce che affonda le radici nella notte dei tempi ed è rinomato per la fragranza ma anche per una caratteristica: l’estrema friabilità che lo porta a ridursi in briciole appena lo si tocca. Un dolce che a fine pranzo o cena, accompagnato da un buon bicchiere di vino passito, è gradevole al palato tanto da far invidia agli altri dessert di cui la cucina italiana è ricca. Senza voler assurgere a esperti della raffinata arte dolciaria, anche perché in Italia di maestri dolciari ve ne sono molti; Il nostro intervento, questa volta, tende a porre l’accento sugli ingredienti che servono a “confezionare” non la torta Mantovana, bensì quelli con cui è confezionata la viabilità molisana. Ingredienti, sempre per rimanere nell’ambito dei fornelli, che si sfaldano al più piccolo tocco, lasciando “scoperta” e facilmente aggredibile uno degli assi portanti del sistema.
Questo non per puntare il dito accusatorio contro chi è preposto al monitoraggio di questo “ganglio vitale” della regione, ma per capire i mali che l’affliggono. Mali che causano sempre più uno stato di degrado e di disagio, specialmente per chi è costretto a percorrere le strade, la cui base è costituita da ingredienti che, a quanto pare sono “scaduti da tempo” e non osiamo pensare che sono di seconda scelta. Ingredienti che, sono stati ereditati, forse, da una non perfetta sinergia tra le parti di cui nostro malgrado siamo le uniche vittime. A questo punto, la logica, impone che si vada a esaminare il problema sotto tutti i suoi aspetti. Anche se di logico in questo caso non vi è nulla; ma non c’è consentito andare oltre, altrimenti rischiamo di impattare contro un muro che non si scalfirà mai, visto la stratificazione con cui è stato eretto. Cose che, se fossimo in un aula di tribunale, sarebbero nettamente a sfavore di chi ha cercato e cerca ostinatamente di presentare la nostra realtà come un oasi in cui tutto funziona, dove tutto è possibile, insomma, un piccolo “Eldorado”. La mitica terra in cui le strade erano lastricate d’oro e la gente viveva felice.
Ma si sa che le favole della buona notte servono solo ed unicamente per far addormentare i bambini e non i grandi. Una situazione inaccettabile in cui non serve nascondere la faccia nella sabbia come fanno “gli struzzi”. Una situazione drammatica che ci ha portato al punto di non ritorno. Un qualcosa, in cui l’ottimismo lascia spazio allo sconforto in cui la politica fin qui attuata, “si è trasformata in aceto”, tanto per usare un detto locale. Un aceto non balsamico. Un aceto fatto con un “fiore”, perché ci pare che si chiami così l’ingrediente con cui si confeziona il condimento principe delle insalate, è frutto di una “cattiva fermentazione”. Un “prodotto” fatto con la consapevolezza che non serve neanche a rendere più gradevole il sapore della “cicuta”, pianta usata nell’antichità come veleno, che i molisani inconsciamente sotto forma di contorno assumono da tempo, ignari di quello che può accadere, anche se lo sfaldamento è palese.
Un qualcosa, insomma, che ha portato all’alterazione del prodotto che, per l’incuranza è “passato”; quindi non più utilizzabile per coprire “i sapori” non sempre gradevoli.
Massimo Dalla Torre