La Polizia di Stato – all’esito degli accertamenti svolti in merito al presunto tentativo di rapimento di un bambino in data 06.08.2017 presso un noto centro commerciale di Campobasso e di cui si è occupata la stampa nei giorni scorsi – può con assoluta certezza escludere che tale reato sia mai stato commesso.
Infatti, le conclusioni cui giungeva la Squadra Mobile all’esito delle indagini svolte erano nel senso di una percezione di un fatto occorso ad un bambino di sei anni da parte di un genitore giustamente in apprensione che ha erroneamente interpretato l’atteggiamento di un cittadino straniero richiedente asilo, il quale si sarebbe avvicinato al minore con l’intenzione di salutarlo con un “batti cinque” e suscitando la paura da parte di questi che ha scambiato tale approccio con un tentativo di rapimento.
I fatti sono i seguenti:
Nel tardo pomeriggio dello scorso 6 agosto, una famiglia composta da padre, madre ed un bambino di sei anni si recava al centro Commerciale per fare la spesa. Dopo aver girato per negozi, i tre entravano nel supermercato. Il padre raggiungeva il reparto utensili, mentre la madre col minore si portavano nel reparto bevande. Mentre la donna era intenta a prelevare dallo scaffale un prodotto, il bambino che era nel corridoio di fronte allo scaffale parallelo, vedeva giungere una donna straniera e due uomini. Uno dei due immigrati approcciava il minore (come usuale alla cultura africana) con un saluto ed una stretta di mano. Il bambino, però, spaventato, si ritraeva affermando di non voler andare con lui. La madre del minore, sentendo il figlio esprimersi in quel modo, si girava e percepiva che lo stesso era in pericolo, interpretando quell’approccio come un tentativo di rapimento del bambino.
La Squadra Mobile visionava le immagini delle telecamere ad alta definizione del Centro Commerciale, acquisiva le dichiarazioni dei testimoni, identificava gli stranieri e verificava la loro versione che, posta anche in relazione alle dichiarazioni della madre del piccolo, escludeva che si potesse trattare di un tentativo di sottrazione del minore alla madre esercente la responsabilità genitoriale.
Pur giustificando l’apprensione di quella madre e comprendendo lo spavento del bambino, si può però concludere che si sia trattato soltanto di un equivoco chiarito nel giro di qualche ora.