Dieci anni da quel freddo gennaio del 2008 in cui il vescovo che arrivava dalla Locride faceva il suo ingresso in città. L’attesa era trepidante. Tanta la voglia di conoscere quell’uomo di fede che combatteva il malaffare facendo parlare di sé dentro, ma soprattutto fuori dalla Calabria. Insieme a lui, presto sono arrivate anche le conferme ad ogni mia aspettativa: è stata grande considerazione, condivisione. Ammirazione. Bregantini è stato uno di noi, e con noi ha scritto la storia del nostro vivere quotidiano. È entrato nelle vite di un popolo che lo ha abbracciato, come solo un fratello maggiore si può abbracciare. Sono passati 10 anni, forse tanti forse pochi, dall’ingresso nella Diocesi di Campobasso-Bojano di sua Eccellenza che però ha preferito, sin da subito, farsi chiamare semplicemente padre Giancarlo. Un gesto che ho apprezzato molto perché in lui ho visto un vescovo ancor più vicino ai fedeli, pronto a stringere a sé le anime di una comunità che sembrava lo attendesse da sempre. L’accoglienza, solenne ma sobria, è stata solo l’inizio di un legame che l’arcivescovo, il nostro arcivescovo, ha stretto, giorno dopo giorno, con la sua Diocesi attraverso una nuova ricetta, ma che ha il sapore d’antico: ‘sporcandosi le mani’, decidendo di esserci più che di delegare. Bregantini ha accantonato gli schemi a cui eravamo abituati segnando un innovativo percorso e un moderno modo di guidare una grande, e per certi versi, complicata Diocesi. Un vescovo, padre Giancarlo, che non ha voluto impartire la benedizione solo affacciandosi dalla finestra dei suoi uffici: lui è sceso in strada, ha preso per mano la sua gente, ha difeso i diritti di chi se li è visti negare. Si è schierato dalla parte dei più deboli, dei giovani alla ricerca di un’occupazione e di un futuro, e di chi un’occupazione l’aveva o l’ha persa. Ha difeso la dignità del lavoro, si è battuto senza remore perché la domenica venisse dedicata alla famiglia e non all’obbligo di aprire e chiudere un negozio. Ha incoraggiato gli amministratori affinché il loro mandato elettorale fosse davvero un mezzo per raggiungere il bene comune e non un modo per soddisfare personalismi e campanilismi.
Bregantini ha usato la parola del Vangelo, ma anche la sua grande esperienza e quel buonsenso che accomuna chi guida una famiglia. Famiglia che ha sempre posto al centro della sua missione come sede di confronto e casa dell’altruismo, predicando ai giovani il coraggio necessario per costruirne una e a chi la famiglia già ce l’ha la forza e il conforto che servono per andare avanti e superare piccole o grandi difficoltà. Con la comunità, e non solo con quella cattolica, ha saputo costruire un dialogo, abbattendo barriere e realizzando quei ponti utili a ricucire ferite, rinsaldare rapporti, a credere nel prossimo e nell’accoglienza. Un vescovo padre, un padre vescovo che continuerà, spero ancora per tanto, a insegnarci a coltivare quei germogli di fede, speranza, umanità e giustizia che custodiamo in ognuno di noi e che ci fanno essere buoni cittadini, ma soprattutto persone perbene, uomini che non hanno paura di essere tali. Grazie a padre Giancarlo per il suo impegno e per quanto vorrà ancora fare per la nostra diocesi.
Il Sindaco della Città di Campobasso
Antonio Battista