I rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, o ancor più tra pubblica amministrazione e lavoratore sono complessi e lasciano a volte il campo a situazioni discutibili, o per lo meno migliorabili.
Un caso, in tema di sanità, ha attirato l’attenzione pubblica e dei social in queste ultime settimane e riguarda un bando di selezione pubblica dell’Asrem. L’azienda sanitaria periodicamente si avvale di personale specialistico per la gestione di alcuni servizi sanitari; personale formato e che da un certo numero di anni collabora con la struttura, rimanendo tuttavia in situazione di precariato, non essendo stato stabilizzato.
Orbene questi lavoratori a contratto hanno avuto di recente la possibilità di vedere un barlume di speranza in merito alla loro stabilizzazione; infatti il bando Asrem prevedeva l’individuazione di figure professionali da inquadrare con contratto a tempo determinato, chiedendo come requisito minimo l’avere lavorato almeno tre anni presso lo stesso ente o enti accreditati. I precari Asrem in larga parte collaborano con l’ente dal 2011 ed hanno maturato quel periodo minimo; eppure nella graduatoria finale si sono collocati con punteggi non sufficienti all’assunzione. Cosa è successo? Sembra che alla fine la commissione abbia tenuto conto di quelli che avevano lavorato con le cooperative o negli Ats; i precari, anche quelli vincitori di ricorso contro la stessa Asrem per il riconoscimento della posizione lavorativa, figurano nelle cosiddette posizioni di rincalzo. Sembrerebbe essere una stranezza, anche in considerazione del fatto che sono figure che hanno svolto lavoro nella stessa Asrem e che hanno partecipato a selezioni pubbliche.
La collaborazione, che come detto, dura già da diversi anni, ora potrebbe essere interrotta, gettando diverse famiglie nell’incubo del precariato senza futuro. Per loro una doccia fredda e per tanti altri il dubbio se sia giusto con un colpo di spugna togliere speranze lavorative a tanta gente; è certamente vero che sono tutti lavoratori, sia i precari che gli addetti delle cooperative, ma una sorta di considerazione andrebbe esplicitamente prevista nei bandi pubblici verso chi per tanti anni ha garantito un’opera professionale, rimanendo nel triste limbo dell’incertezza lavorativa.
Non è un ‘caso’ legale quello citato, ma una questione morale su cui sarebbe bene riflettere.
Stefano Manocchio