“Nulla da eccepire, bravi gli organizzatori, anche se qualcosa di più poteva farsi” Questo il commento della gente che anche quest’anno, partita della Juventus contro il Barcellona a parte, ha onorato la festa del Corpus Domini. Manifestazione che annualmente richiama nel capoluogo di regione migliaia di presenze a dimostrazione che la tradizione tiene ancora banco a scapito di chi apostrofa la sfilata dei misteri una “paesanata”. Nulla di tutto questo, anche perché i numeri parlano chiaro 100.000 presenze in città. Una città che si è trasformata anche se per poco in multietnica dove culture, suoni, sapori e soprattutto lingue si sono incontrati, sfiorati, guardati, dove non è prevalsa la divisione razziale che da tempo fanno fibrillare buona parte dei continenti viciniori alla vecchia e cara Europa. Modus vivendi che proprio in queste occasioni viene fuori, anche se a molti disturba, per come si presenta nella sua crudezza, senza sapere che è il cosiddetto perbenismo ben pensante nostrano quello che crea distonie ad un sistema in piena evoluzione. Un aspetto insolito di vita di persone che hanno dovuto abbandonare il loro Paese e trasferirsi in luoghi che non sono consoni al modo di vedere la loro quotidianità. Parola che ultimamente compare sempre più nei discorsi, nelle inchieste, nei pensieri di chi tranquillamente possiede una casa, un lavoro, un futuro assicurato; loro no, non si pongono la domanda, o forse si, “ma perché tutto questo?” Facile perché hanno un unico obiettivo, non quello certamente di destabilizzare, bensì cercare l’integrazione cosa difficile perché il pregiudizio “divide et impera” come dicevano i latini. Un separatismo che tuttavia, per tornare a casa nostra, in questi giorni non è stato pressante, anzi ha abbassato la guardia permettendo in questo modo di compenetrarsi in un qualcosa che non ci appartiene senza sapere che dovrebbe. Un modo di abbattere e aberrare le cortine mentali che molti hanno innalzato permettendo di far emergere pregiudizi stupidi e beceri nei confronti di chi, anche se con bizzarria, cerca un contatto umano e non un distacco. Bizzarrie si, bizzarrie, che invece sono il punto di partenza e contemporaneamente di arrivo di chi paga a caro prezzo la non appartenenza ad una società che non vuole compenetrarsi in quelli che sono i drammi, le vicissitudini, le esigenze. Tre parole che invece, dovrebbero far riflettere e che pongono dinanzi a un punto di domanda cui però difficilmente può darsi risposta; perché non c’è volontà di rispondere…anzi una risposta c’è forse, i diversi siamo noi, troppo legati allo stereotipismo che condanna inesorabilmente a porsi verso gli altri con distacco e sospetto e non con l’apertura mentale e soprattutto fisica che oggi, più che mai, proietta oltre la siepe che si erta, anche se quest’ultima fortunatamente vacilla. Questa è l’unica chiave di lettura di quello che fa da corollario alla sfilata degli ingegni che sono volati ancora più in alto grazie soprattutto alla presenza di chi nel silenzio più assoluto spenti i riflettori si è rincamminato lungo un percorso difficile che purtroppo li relega alla non considerazione della gente.
Massimo Dalla Torre
Sagra dei misteri: a vincere l’incontro tra etnie
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