Torniamo a scrivere sulle colonne del giornale per porre una domanda a chi è un attento osservatore della vita politica ed economica del Molise. Domanda che facciamo implicitamente anche a noi stessi “Quanto Molise c’è in Europa e quanta Europa c’è nel Molise?”. Una domanda, che potrebbe sembrare scontata se si pensa che siamo in Europa a tutto tondo e che ogni anno gli appartenenti all’Unione Europea aumentano. Eppure è una domanda necessaria perché la nostra realtà, nonostante abbia solide basi nella capitale Belga, non è ancora radicata in certe logiche che sono il fondamento delle “idee” europee, cosa che è avvalorata anche dalla recentissima visita del neo governatore Toma che vuole conoscere più approfonditamente quali sono i gangli vitali del sistema europeo. Un qualcosa che alimenta le risorse necessarie affinché si possa attingere ai finanziamenti a disposizione delle singole regioni dello stivale, non ultimo il Molise. Il quale, è consapevole che non è più una realtà da considerare un semplice corridoio di passaggio per raggiungere altre mete meno redditizie della nostra ma più vetrinate.
Esterniamo questi pensieri perché di Europa nel Molise troppi ne parlano come se fosse una conquista, troppi si danno da fare per organizzare eventi di tutto rispetto, troppi cercano di accreditarsi agli occhi di chi guarda alla città dove sorge la “grand place” come a una meta da conquistare. Vedete appartenere all’Europa non significa apparire, oppure riempirsi la bocca con paroloni incomprensibili ai più. Essere cittadini europei significa operare e vivere la realtà europea. E noi purtroppo non lo facciamo. E se lo facciamo, lo facciamo male. Non ce ne voglia nessuno specialmente chi in questi giorni lavora per far attecchire un “modus lavoro europeo”, ci scusiamo per l’intreccio di parole, anche qui da noi. Il Molise, nonostante dimostri buona volontà, forse è ancora molto lontano da applicare i principi che ispirarono “idee” che i padri fondatori dell’Unione lanciarono, cinquantanni or sono.
Con questo non ci si giudichi disfattisti perché dalle piccole realtà vengono i maggiori contributi. Piccole realtà che, a differenza di quelle più grandi, colgono le sottigliezze e le particolarità ma soprattutto le opportunità che la grande famiglia europea offre. Questo perché essendo un territorio ancora “vergine” è facile seminare per raccogliere. Peccato che da noi tutto questo non è stato ancora compreso, fortunatamente l’attuale classe politica ha cambiato rotta. Una non semina nata dalla paura di non riuscire, anche perché vi è mancanza, non per colpa nostra, di basi che nascono da una non ponderata osservazione di quello che l’Europa offre ai giorni nostri. Questa è la realtà; null’altro.
Allora quali i correttivi affinché anche il Molise possa fregiarsi, non simbolicamente, della famosa bandiera blu dove svettano le stelle gialle? Di suggerimenti non sapremo darne anche perché da semplici cittadini per giunta “ignoranti” in materia, ci sarebbe veramente difficile darne. Anzi uno c’è ed è quello che l’ex assessore regionale alla Programmazione Gianfranco Vitagliano, diede qualche anno fa che fa ben sperare: “Il Molise ha le capacità e le opportunità per fare quel salto di qualità dalla ‘zona grigia’ che lo pone a metà strada tra le Regioni del Nord e quelle del Mezzogiorno dal punto di vista dei finanziamenti europei, ad un posto in pieno sole. Per fare questo, però, è necessario che si punti tra l’altro sull’innovazione”. Parole che riportiamo con la speranza di poter dire molto presto: “Nous sonnes européens” – “We are european” “Noi siamo europei”.
di Massimo Dalla Torre