Non si può non accogliere con entusiasmo e interesse la scelta del centrosinistra di istituire le primarie per eleggere il candidato sindaco di Campobasso. Il prossimo 6 aprile, sotto i gazebo, si sfideranno ben otto candidati, otto diverse personalità, otto storie umane e politiche differenti che consentiranno al popolo campobassano di avere un’ampia scelta: c’è chi è espressione della cosiddetta società civile, chi vanta una lunga esperienza nel proprio partito di riferimento, chi ha un curriculum amministrativo importante, chi fa leva sull’antica e costante militanza, chi vuole cambiare le cose dall’esterno, chi vuole misurare semplicemente il proprio consenso attorno a un’idea nuova per la città.
Le primarie racchiudono un universo sociale e culturale ricco e variegato, la politica in questo caso riesce a fare un passo indietro dal punto di vista dell’individuazione di uomini e strategie ma mille passi in avanti per quanto concerne il raggiungimento dei suoi più nobili obiettivi. Le primarie rimettono seriamente in discussione il significato stesso delle parole centrodestra e centrosinistra, rimuovono vecchi steccati ideologici e mentali e ampliano positivamente il concetto di coalizione, che diviene così il frutto di una proficua competizione dalla quale trovare poi la giusta sintesi politica e di conseguenza un progetto amministrativo che non nasce nel Palazzo ma dal basso, dalla Democrazia e dalla partecipazione. Sono stato tra i primi a sostenere pubblicamente e con determinazione (e non senza conseguenze) questo innovativo e ormai imprescindibile strumento nella coalizione che in questi ultimi cinque anni ha governato il Capoluogo, pronto a metterci fino in fondo la faccia e a partecipare senza indugi e con passione a una competizione che aveva risvegliato l’entusiasmo nella base e attratto importanti personalità anche lontane dall’attuale maggioranza di Palazzo San Giorgio. Sono stato purtroppo, come si dice in gergo, messo in minoranza da chi ha ritenuto più opportuno assecondare vecchie logiche e rinunciare all’apertura sul mondo esterno e sulla nuova realtà che ci circonda. Il centrodestra ha gettato alle ortiche una grande e storica occasione, l’opportunità di rinnovarsi davvero e di ripartire cavalcando e non subendo mestamente la grande voglia di cambiamento che investe ormai da tempo l’intero panorama politico.
Nicola Cefaratti