Essere part-time, la sensazione, la più forte è quella di non appartenenza, inizi il periodo di lavoro, il primo dei quindici, arrivi in ufficio e la prima cosa che devi fare è aggiornarti, leggere le COI, capire se è cambiata qualche procedura e informarti delle novità, poi ti guardi intorno e ti accorgi che in ufficio sono stati fatti dei cambiamenti, un nuovo armadio, o uno vecchio che non c’è più, e i posti sono variati, i faldoni sono stati spostati, poi guardi ancora meglio e la sensazione è che anche i colleghi siano cambiati un po’, dalle cose banali come una nuovo taglio di capelli alle cose più serie come una nuova alleanza o un strano allontanamento, e può essere che l’atmosfera generale sia euforica o al contrario sia avvilita, in ogni caso il motivo non lo sai;
e poi ci sono i clienti, alcuni ti chiedono il perché nei giorni precedenti non ti hanno vista o altri, che normalmente frequentano l’altra quindicina, invece ti chiedono se sei nuova perché è la prima volta che ti vedono; e così i primi giorni sono di adattamento, e la sensazione è sempre la stessa, non appartenenza, perché poi si è sempre un passo indietro rispetto a chi tutti i giorni c’è; la seconda settimana quasi senti di esserti messa alla pari su tutto ma i quindici giorni passano in fretta, devi andare via e così saluti augurando buon mese, torni a casa con quella sensazione di amarezza, di quando saluti prima di partire ed iniziano i quindici giorni in cui sei a casa ti dedichi alla famiglia o ad un hobby o a niente o se sei fortunato arrotondi lo stipendio con un altro lavoretto e lentamente ti riadatti al nuovo ritmo e quasi dimentichi quella sensazione di distacco e perdita, ma poi tutto ricomincia, ogni mese, come se fosse il primo mese.
Un altro effetto dell’essere part-time è il vorrei ma non posso, perché vorresti seguire un progetto fino alla fine ma non puoi, devi cedere il testimone perché il tempo è terminato, o al contrario devi ereditare il lavoro a metà della collega dell’altra quindicina, colleghi con cui condividi lo stesso ambiente di lavoro ma che praticamente non hai mai visto se non al di fuori del contesto lavorativo, perché se tu arrivi loro vanno via; vorrei ma non posso, sì perché questa è un’azienda in cui ci sono tante mansioni che ti piacerebbe poter fare e vorresti poterle fare, quanto vorresti!, ma non puoi è la risposta, e non perché non sia capace, dopotutto hai esperienze decennali in altre aziende, un titolo di studio, un CV niente male, buone propensioni per riqualificarti, ma sei part-time, e tante cose di quelle che vorresti fare potresti farle solo se fossi full-time.
Un’altra percezione, è la precarietà, perché con mezzo stipendio non si possono prendere impegni finanziari seri, non si possono fare passi di vita importanti, la società ci spinge ad andare fuori di casa, a fare figli, ad investire nel nostro Paese, ma tutto questo ha un costo elevato e con mezzo stipendio è difficile andare lontano. E ancora, è forte il senso d’incertezza del quando e se diventeremo full-time e potremo sentirci davvero parte di un insieme e potremo auspicare a raggiungere i nostri obiettivi lavorativi e personali.
La famosa graduatoria che ha quel retrogusto così amaro, quell’elenco che sembra così sterile ed ingiusto, dopotutto ci sono uffici sotto dimensionati, vengono richiesti distacchi, straordinari, così ti chiedi perché? Vorrei che si desse valore alle persone, regole certe, criteri chiari, possibilità vere, affinché ognuno di noi possa avere un’occasione.
Antonio D’Alessandro
Segretario Interregione SLP- CISL Abruzzo-Molise