Pilone (FdI): Salario minimo, decisione molto demagogica prettamente populista

Il sottoscritto Capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Campobasso, Francesco PILONE, in
merito alla recente delibera di giunta comunale n. 194 del 29 agosto c.a. circa il salario minimo, intende
avanzare alcune osservazioni su questa decisione che reputa molto demagogica e di stampo
prettamente populista.
In primis, la scelta che riprende quella del Comune di Firenze, filosoficamente surroga la
contrattazione decentrata con uno strumento amministrativo che di fatto svilisce il ruolo sindacale
deputato al compito della difesa del lavoratore oltre che alla rappresentanza, costituzionalmente
riconosciuta, nei confronti delle forze datoriali. Non è un caso che a livello nazionale ci siano forze
sindacali che hanno sempre snobbato la proposta!
Non solo! Nei “fatti”, utilizzando l’eufemismo della maggioranza, ad oggi non mi risulta che ci
siano aziende, società, cooperative che collaborando con il Comune di Campobasso, applichino una
tariffa oraria lorda (prevista dai relativi CCNL) inferiore ai 9,00 (nove) euro, soglia stabilita per il salario
minimo. La contrattazione concernente il comparto che collabora con la P.A., oltre che la stessa P.A.,
ha parametri molto superiori.
Un altro aspetto riguarda la ricaduta sul rapporto di competitività delle stesse aziende. Mi spiego
meglio! Un’azienda che ottiene forti economie di scala per una serie di motivazioni legate alla sua
politica aziendale, mettiamo che possa permettersi una retribuzione oraria lorda, nei confronti dei suoi
dipendenti, molto superiore anche ai parametri previsti dal CCNL del suo comparto e quindi di gran
lunga maggiore al salario minimo (ipotizziamo 15 euro ad ora), avendo la possibilità di accedere ad un
bando pubblico dell’amministrazione di Campobasso, benissimo si conforma a quel minimo salariale
stabilito dal Comune (€. 9,00) e, rispettando sempre la contrattazione decentrata, ottiene delle
economie che può utilizzare come ribassi che la facilitano sulla competitività con le altre imprese, ma
riducendo le retribuzioni.
La scelta di questo strumento, ribadisco demagogica, viene oltretutto sostenuta dall’alla
progressista del Paese, per il fatto che in Italia mancherebbe una legge sulle retribuzioni minime. In
realtà così non è, perché la nostra Costituzione, all’art. 36, disciplina e garantisce le retribuzioni
minime, attraverso una norma cosiddetta “elastica” e cioè che ha efficacia non inferiore a quella delle
norme precise. L’art. 36 della Costituzione, infatti, stabilisce come il lavoratore “…abbia diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.” Si tratta di norma elastica perché
prevista per adeguarsi ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, variabili nel tempo, e
quindi non esattamente ed efficacemente determinabili a priori ma da specificare in via interpretativa da
parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su
norme giuridiche. Le sentenze a riguardo hanno palesemente dimostrato che le decisioni
giurisprudenziali hanno stabilito livelli minimi per un “retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del lavoro” decisamente superiori ai 9,00 euro lordi orari.
Come Fratelli d’Italia crediamo fermamente che la via maestra, per una sana attenzione alle
retribuzioni, sia la contrattazione decentrata tra forze datoriali e sindacali, mentre l’intervento legislativo
sia da relegare esclusivamente ad una sana riforma del lavoro capace di vedere nella riduzione della
tassazione la soluzione ottimale, cosa questa sulla quale il Governo Meloni ha già dato tangibili segnali
attraverso la riduzione del cuneo fiscale.
Il Capogruppo di Fratelli d’Italia
Francesco PILONE

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