Il Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica – Giudice dott.ssa Roberta D’Onofrio – ha mandato assolti, perché il fatto non costituisce reato, due imprenditori del capoluogo imputati, ai sensi dell’art. 11 del D.lgs. n. 74/2000, per avere compiuto atti dispositivi fraudolenti sul patrimonio di una società, per sottrarlo, secondo l’ipotesi accusatoria, alla riscossione coattiva dell’Erario.
Difesi, l’uno dall’avv. Antonio Di Pietro e dal tributarista avv. Franco Mancini, l’altro dall’ex PM di “Mani Pulite” e dall’avv. Antonio Mancini, i due operatori hanno dimostrato, nel corso delle udienze dibattimentali, di non essersi macchiati della condotta tassativamente prevista dalla norma, che punisce chi aliena simulatamente o compie atti fraudolenti sui beni propri od altrui, al fine di sottrarre garanzie alle pretese del Fisco, e di non avere agito con dolo, avendo, peraltro, progressivamente provveduto ad onorare le obbligazioni tributarie attraverso un piano di rateazione.
Lo stesso PM di udienza, l’avv. Renata Palladino, ha puntualmente argomentato sull’assenza del dolo in ragione delle specifiche dinamiche dell’operazione, ed ha concluso con la richiesta di assoluzione degli imputati.
Gli avvocati difensori, Di Pietro e Mancini, si sono soffermati sulla vera natura e le reali finalità dell’acquisto e della successiva cessione di un immobile “di famiglia”, provando, sia attraverso i testi che mediante una ricca produzione documentale, che le operazioni di compravendita non hanno prodotto alcun depauperamento del patrimonio societario e che l’originario acquisto in capo alla società è stato eseguito quando i debiti verso l’Erario erano già sussistenti e gli stessi trovavano comunque capienza e copertura nel residuo attivo patrimoniale dell’azienda.