Non so voi, ma io, quando ci accorgiamo di aver già visto un film, o spegniamo il televisore, o cambiano canale perché conosciamo la fine della storia, o addirittura ci abbandoniamo tra le braccia di Morfeo con la speranza di non fare brutti sogni. Questo è quello che è accaduto assistendo agli avvenimenti che hanno caratterizzato i palazzi del potere nazionale e a breve quelli locali nel corso delle ultime settimane, ci riferiamo alla probabile scissione in casa PD, anche se quelli che l’hanno causata stanno ripensandoci, speriamo di no per il bene della Nazione. Un film non di cassetta, i cui titoli di testa non rispecchiano assolutamente quelli coda. Un film talmente noioso che, nonostante i fuori programma, offre uno spettacolo dai toni scadenti, senza contenuto; anzi uno c’è: quello che lo spettro delle “disarmonie” e delle “primogeniture” aleggia con insistenza. Uno spettacolo dove le comparse assumono sempre più il ruolo di protagonisti e viceversa. Uno spettacolo che ci riporta alla mente i girovaghi e i saltimbanchi che allietavano le serate dei signori nel medioevo. Ieri leggendo i titoli che occupavano le prime pagine dei giornali, tutti o quasi tutti, protesi a fare l’analisi di certe posizioni, ci è venuto alla mente il titolo che avremmo utilizzato per questo intervento, “Scacco…al re”. Titolo che, invece, volutamente abbiamo modificato sotto forma di domanda: Il re è veramente in scacco? o ancora una volta è l’alfiere a dover cedere? Gli esperti di politica, che, in questi casi non mancano mai, giacché spuntano come funghi alla stregua di quelli che s’improvvisano allenatori di calcio e in Italia gli allenatori sono circa quaranta milioni, a questo punto ci tedierebbero con una lunga elucubrazione non mentale ma parlata se non addirittura scritta, per esporci la strategia da seguire, sempre che ne esista una. Una strategia che, la dice lunga su come ancora una volta siamo stati presi per “il naso” da chi, pur di distogliere la collettività dai problemi che ci assillano ha messo su una pantomima. Una rappresentazione che sminuisce i problemi nodali che, se letti nel verso giusto, potrebbero causare, anche se a nostro modesto giudizio è avvenuta, la “caduta degli dei”. Ecco la spiegazione e il perché dello stravolgimento del titolo. Vedete, “le baruffe chiozzotte”, perché di baruffe si tratta, caratterizzate tra l’altro, dalle “ciarle”, potevano andare bene nella Venezia del settecento dove il parlare forbito era d’uopo, oggi, invece, è il linguaggio spiccio a far da padrone che, nella saggezza popolare commenterebbe, specialmente dopo aver visto l’espressione di Orfini che è tutto un programma, in questo modo – traduciamo dal vernacolo – “ci vogliono le fave che durano e non i confetti che si sciolgono”. Perché “i confetti” se non consumati all’istante, rischiano di divenire stantii, immangiabili e pieni di ospiti indesiderati e l’Italia di questa categoria ne ha le tasche fin troppo piene.
Massimo Dalla Torre