«Qualunque impressione faccia su di noi, egli appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano»… Questa è una parte della frase che si legge nei titoli di coda del film di Elio Petri “indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” magistralmente interpretato dall’indimenticato Gian Maria Volontè e da Florinda Bolkan. Film vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 23º Festival di Cannes e del Premio Oscar al miglior film straniero 1971 , nonché una nomination per la migliore sceneggiatura originale agli oscar del 1972.
Estrapolazione che da il pretesto per scrivere alcune riflessioni sugli articoli che sono stati pubblicati in merito alla vicenda al centro del processo che si è celebrato a Bari, che ha visto nelle aule del tribunale pugliese quali protagonisti nomi eccellenti della politica, del giornalismo e della magistratura. I quali, dopo fiumi d’inchiostro, requisitorie, testimonianze, trascrizioni d’intercettazioni telefoniche hanno ottenuto una sentenza che non mancherà di fare rumore specialmente in campo politico, tant’è che le prime “azioni e reazioni” non si sono fatte attendere. Tuttavia, al di la di quello che accadrà o non accadrà, a uscire indenne, anche se malconcio, è stato unicamente “il sistema” che vede quotidianamente un amalgama di poteri di cui il cittadino è ignaro perché non edotto su certe logiche che gli appartengono.
Sulle contrapposizioni dei cosiddetti “poteri” non vogliamo entrare anche perché sarebbe fuori luogo scrivere di cose che non siamo in grado di giudicare. Legami, forse, dovuti inequivocabilmente alle incomprensioni e consentiteci di scrivere incongruenze delle azioni messe in atto dalle parti di cui non vogliamo assolutamente conoscerne né la ratio né tanto meno qual è la molla che spinge a metterle o non metterle in atto. Cose che sotto certi aspetti, questa è l’ironia della sorte, non tutela assolutamente nessuno, specialmente chi cerca di dare risposta ai fatti che, il lento o non lento evolversi delle questioni, lascia attoniti, sconcertati, disorientati, ecco perché dobbiamo constatare ancora una volta che le distonie sono palesi. Condizioni che evidenziano com’è veramente difficile porre in essere “correttivi” perché non avverrà mai l’impatto reale tra le parti o se ci sia stato, dopo il clamore iniziale, torna tutto alla normalità. Una condizione che a questo punto ci vede “ob torto collo” rimarcare come l’unico vero trionfatore è “il sistema”. Affermazione che mostra inequivocabilmente l’esistenza, di “affinità elettive tra le parti”.
Condizione perché non abbiamo la certezza dalle “attribuzioni” fatte proprie “dai contendenti” che, ancora una volta, si sono avvalsi, nonostante più volte si è chiesto, di stravolgerle di “regole” che, secondo la grammatica italiana, cui ricorriamo spesso perché ignoranti, “s’intende in norme prestabilite, per lo più codificate e coordinate con altre in un sistema organico” che, ripetiamo con forza, è l’unico ad essere uscito indenne, anche se malconcio, in questa vicenda che ha scosso nell’arco di un pomeriggio la sonnacchiosa e tranquilla provincia molisana che potrebbe far riscrivere e titolare con tanto di varianti uno dei capolavori della letteratura inglese “Molto rumore per nulla”, perché di rumore ve ne stato anche se basato, mai come questa volta, sul nulla. Scusate se è poco…
Massimo Dalla Torre