di Massimo Dalla Torre
Come volevasi dimostrare, quello che molti hanno paventato fin dai primi momenti, almeno ulteriori accadimenti e smentite dell’ultima ora, si è verificato; ci riferiamo al ritiro della firma in calce alla mozione di sfiducia al presidente Toma della consigliera Filomena Calenda, nominata seduta stante Assessore che sostituirà l’unico esterno Michele Marone esponente salviniano in terra molisana defenestrato a tempo di record. Cosa che non mancherà di conseguenze.
Scelta di chi si è sentito minacciato di perdere lauti compensi e visibilità, anzi invisibilità tenuto conto che un detto locale dice “come ti fai il letto così ci dormi”. Ci siamo arrogati il diritto di esternare queste considerazioni, in nome e per conto dell’elettore, perchè in questi ultimi tempi lo sconcerto è sempre più palese tant’è che si stenta a riconoscersi politici che ci amministrano. Non giudicateci disfattisti ma, le metamorfosi, non quelle di Ovidio né tanto meno di Kafka, che hanno portato allo sconvolgimento del mondo politico locale non sappiamo fino a che punto possano giovare a chi le ha messe in atto.
Una situazione di scompiglio che si sarebbe potuta evitare mettendo da parte i troppi “personalismi” che rappresentano il vero nodo che, non permette assolutamente il decollo della politica, quella con la “P” maiuscola che lascia spazio agli interessi personali, e dei poteri che, da poco meno di 24 ore, esultano per il risultato raggiunto, ecco perché diciamo la nostra sulla situazione che si è venuta a creare che ci ricorda la frase che Catone il censore pronunciò, noi l’abbiamo modificata ”MOLISE CALENDA EST”.
Un’ affermazione che, nelle fattispecie, questa è la cosa più preoccupante, mette in mostra come molti ambiscono a mantenere inalterato lo status di eletto a netto discapito della collettività.
Affermazione che accomuniamo al discorso sull’onore di Antonio nel “Giulio Cesare” di Shakespeare che nel necrologio del “divino Giulio” dice: Amici, Romani, compatriotti, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cesare. Il nobile Bruto v’ha detto che Cesare era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cesare ne ha pagato il fio. Qui, col permesso di Bruto e degli altri – ché Bruto è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cesare. Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me: ma Bruto dice che fu ambizioso; e Bruto è uomo d’onore.
Molti prigionieri egli ha riportato a Roma, il prezzo del cui riscatto ha riempito il pubblico tesoro: sembrò questo atto ambizioso in Cesare? Quando i poveri hanno pianto, Cesare ha lacrimato: l’ambizione dovrebbe essere fatta di più rude stoffa; eppure Bruto dice ch’egli fu ambizioso; e Bruto è uomo d’onore. Tutti vedeste come al Lupercale tre volte gli presentai una corona di re ch’egli tre volte rifiutò: fu questo atto di ambizione?
Eppure Bruto dice ch’egli fu ambizioso; e, invero, Bruto è uomo d’onore. Non parlo, no, per smentire ciò che Bruto disse, ma qui io sono per dire ciò che io so. Tutti lo amaste una volta, né senza ragione: qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Cesare e debbo tacere sinché non ritorni a me.
Un “onore” che ora come ora, ci è difficile riscontrare perché la scellerataggine si è impossessata della politica molisana, fortunatamente non tutta. Un qualcosa che a noi uomini della strada, appare inconcepibile ma che, in nome della politica “è utile” non sono parole nostre, ma di chi vive di queste cose, anche se “utilità” è una parola grossa specialmente quando in palio ci sono le sorti della collettività che, in questo momento, chiede certezze e non sceneggiate il cui copione all’abbisogna viene rispolverato cicero pro domo propria…