Nell’ambito del progetto “Campobasso, la città dei Misteri”, sostenuto dall’Amministrazione comunale, la sottoscritta, studentessa universitaria, ha approfondito un’appassionante ricerca storica, iniziata sin da quando era scolara, al fine di ricostruire l’appartenenza di ciascun ingegno alle confraternite religiose dei Crociati, dei Trinitari e di Sant’Antonio Abate. A capo della prima fu lo stesso di Zinno, nato proprio nell’odierna via Sant’Antonio Abate, cui dà accesso l’omonima porta, con in alto lo stemma con croce e rose. Tali congreghe, due secoli e mezzo fa, commissionarono a Paolo Saverio la costruzione delle macchine viventi, conferendo carattere di fissità alle sacre scene, mutevoli fino a quel momento. I Misteri delle confraternite rivali sfilavano ad anni alterni; gli altri venivano portati in processione ogni anno. Alternanza che è possibile evincere anche nell’“Instrumentum pacis” del 1682.
E’ una storia affascinante, quella delle macchine viventi, da narrare con la delicatezza ed il rispetto quasi sacrale dovuti ad una tradizione cui ogni campobassano sente l’orgoglio di appartenere e che può, a Corpus Domini, rivivere grazie all’assiduo impegno, all’abnegazione, di chi i Misteri li custodisce e se ne prende cura costantemente. Una storia, ancora, forse, mai completamente scritta.
Determinante, in particolare, per me, è stato lo studio delle note spese sostenute dalle confraternite per la custodia dei loro ingegni. Estremamente dettagliate (con indicazione dei costi addirittura di aghi, veli, spille, trucchi), esse consentono di ricostruire uno spaccato di società, con i ruoli e le funzioni del tempo. Importante anche la lettura dell’antico Manoscritto del 1770 di Santa Maria della Croce, che, qualche anno fa, fu trafugato, messo in vendita su Ebay, e poi recuperato tramite un’operazione condotta dalla Polpost di Campobasso, guidata dal S. Comm., ora in quiescenza, Antonio Ricci, che ne attese la consegna travestito da prete. Desumibili sono, da questo testo, tra le altre, le spese per l’acquisto di veli e calzette, di barba e di stoffe, e per la cura di tre ingegni in particolare: San Michele, l’Assunta, San Nicola. Documenti preziosi, che, insieme ad altri, mi hanno permesso, pertanto, di collocare, presso ciascuna delle confraternite, i Misteri (sei per ognuna), prima che il terremoto del 1805 ne distruggesse alcuni. Ed è del resto De Luca a narrare, nelle sue “Ricordanze Patrie”, che fu proprio il figlio di Paolo Saverio, cui piaceva giocare, da piccolo, con gli ingegni (probabilmente coi modellini), a far dissotterrare il San Rocco e il San Gennaro, rimasti sepolti sotto la Trinità, e a farli riparare. Dopo il sisma di Sant’Anna, le restanti dodici macchine viventi furono depositate nei locali della chiesa di Sant’Antonio Abate, dove rimasero fin quando il Podestà, il 10 settembre 1929, ne autorizzò il trasferimento, presso “La Casa della Scuola”, l’Enrico D’Ovidio di via Roma, essendo i primi divenuti angusti e cadenti, tali da non consentire più una loro razionale disposizione.
La seguente collocazione, presso il Museo dei Misteri di via Trento, è storia, altrettanto importante, dei giorni nostri. Una ricerca appassionata, questa da me condotta, per “Campobasso, la città dei Misteri”, e sicuramente suscettibile di arricchimento, perché ancora tanto si può analizzare e scoprire: è l’entusiasmante sfida della conoscenza che lo insegna. Un ringraziamento va al giornalista Giovanni di Tota, ideatore del progetto, per avermi reso partecipe di quest’evento, ancora in evoluzione. Una dettagliata relazione sulla ricerca verrà consegnata, come da accordi, al Sindaco di Campobasso, Antonio Battista, da subito dimostratosi interessato e sensibile al recupero della nostra storia e delle nostre amate tradizioni.
Francesca Muccio
Misteri, una storia ancora da completare
Commenti Facebook