di Massimo Dalla Torre
Prendiamo spunto dalla prossima festa del santo patrono per porre un quesito a chi siede nella stanza dei bottoni, che presto sarà vuota in attesa di nuovi inquilini: chissà se san Giorgio saprebbe rimettere ordine nel capoluogo di regione? Un interrogativo che nasce soprattutto dai proponimenti di chi si è prefissato da tempo immemore di sistemare degnamente lo status di quella che un tempo era “la città giardino”. Proponimenti che, visto i risultati fin qui ottenuti, fanno sorridere, perché giudicati “bislacchi”. Proponimenti rimasti tali perché più passano i giorni e più i disagi aumentano a dismisura, leggasi asfaltatura delle strade in pieno giorno, sfidiamo chiunque ad affermare il contrario. Cose improponibili specialmente se si pensa che san Giorgio oltre ad essere il santo protettore degli scout e delle guide che, in questa giungla urbana, non saprebbero tracciare le coordinate per ritrovare la strada, è anche il patrono di Londra, Lisbona, Barcellona, Mosca, Vilnius, Ferrara, Genova e Reggio Calabria solo per citare le città più importanti.
Realtà in cui i problemi certamente non mancano ma che, con una programmazione mirata, cosa che a Campobasso è alla stregua “dell’araba fenice”, sarebbero risolti e non procrastinati o affidati alle “cufecchie” ossia chiacchiere di comari come quelle che si fanno nei palazzi della politica. Un patrono che, se tornasse, cosa di cui dubitiamo fortemente per non vergognarsi, potrebbe chiamare nuovamente a raccolta quelli che credono fermamente nella “campobassanità”, ve ne sono molti specialmente in vista delle prossime scadenze elettorali del 26 maggio, pronti a scendere in piazza, e non chi cavalca la tigre del riassetto in positivo del capoluogo di regione ridotto ancora di più alla condizione di “accattone”, non quello di memoria pasoliniana, in cui la spersonalizzazione domina a trecentosessanta gradi e dove il cosiddetto assalto ai bastioni, tanto per rimanere nell’epoca in cui il santo fece il miracolo liberando Campobasso dai nemici è continuo. Un assalto, alla cui base, ci sono unicamente interessi e disinteresse, inimicizie politiche, e forse, usiamo la formula dubitativa, accordi tra fazioni che hanno il valore del due di coppe.
Tutti elementi deleteri ma soprattutto negativi, che, se non si correrà prontamente ai riparti, farà sì che la città sarà ancora per lungo tempo terra di conquista dove l’unica testimonianza di quello che fu è il castello Monforte che, dalle mura merlate, non può certamente arginare lo status di Campobasso novella baraccopoli. Scusate l’irriverenza, ma quann’ c’vò, c’vò.
L’intervento/ San Giorgio pensaci tu!
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