di Massimo Dalla Torre
“Rotola rotola, come un barattolo rotola”, con questo refrain di una vecchia canzone degli anni 50 cantata da Gianni Meccia tra l’altro di origini molisane, vorremo continuare il percorso intrapreso quasi quotidianamente. Un percorso che ci permette di aprire una finestra, se pur immaginaria su quelli che sono le incongruenze che caratterizzano la nostra realtà, in quanto vorremo soffermarci su di un epoca, purtroppo lontana, in cui l’Italia si aggiudicava “la lira d’oro” grazie alla politica attuata da Luigi Einaudi, prima Governatore della Banca d’Italia, poi Presidente della Repubblica.
Una Nazione che non immaginava assolutamente alle “pensate” di chi siede nelle stanze dei bottoni che, in nome di fantomatici benefici, attuano quotidianamente una serie d’iniziative che scatenato letteralmente reazioni incrollabili le cui uniche vittime siamo noi che Dante non esiterebbe a definire “anime prave”, pronte ad essere traghettate da “Caron dimonio con gli occhi di brace”. Adozioni d’iniziative che, nell’incongruenza dei fatti e degli atti, porta benefici unicamente ai “soliti noti” e di questo dobbiamo ringraziare anche chi dovrebbe rappresentarci a Montecitorio che, pur di reggere il bordone a chi è in sella, contribuisce ad affossare l’economia locale.
Molise un tempo collegato all’Abruzzo che si sta letteralmente sfaldando causa le “frane”, partitiche che hanno modificato profondamente sia l’assetto che l’aspetto. Una regione in cui gli echi dei grandi avvenimenti arrivano tuttora ovattati, dove il lento scorrere del tempo accompagnava e accompagna il quotidiano di genti dedite unicamente al lavoro, fatto di sacrificio e di rinunce.
Una regione che, per le peculiari caratteristiche che ci contraddistinguono dal resto del territorio nazionale, seppe sorprendere e meravigliare finanche un battaglione di alpini che, in seguito alla nevicata record del 1956, una volta arrivati in un paese dell’Alto Molise per soccorrere le genti, rimasero attoniti e si preoccuparono per l’assenza della popolazione che, in barba alle intemperie aveva trovato rifugio e conforto grazie alle scorte di alimenti nelle cantine intercomunicanti.
Una regione che si affacciava piena di entusiasmo si apprestava a dare il proprio contributo fattivo al Paese, in cui si viaggiava sulla mitica “500” dagli sportelli contro vento.
Una regione che per anni, grazie alla colorazione politica fu appellata “il piccolo Vaticano”. Immagini e ricordi che emergono dalle nebbie del tempo soprattutto quando si scovano nei cassetti le vecchie fotografie che rammentano che “le cose di pessimo gusto” come le avrebbe definite Guido Gozzano, non stonano, anzi fanno bella mostra in un mondo, dove le pastoie, gli scandali e i compromessi fanno da padrone; ecco perché dovrebbero far ragionare, chi vuol imporci a tutti i costi il “proprio credo”, il “proprio modo di essere” la “propria volontà” perché il Molise e i soprattutto Molisani hanno una testa pensante meritano affatto di rotolare rovinosamente.