di Massimo Dalla Torre
In questi giorni ci siamo divertiti a leggere i vari articoli pubblicati sulla stampa locale il cui tema principale era la politica e quelli che ne beneficiano. Articoli che hanno messo ancora una volta in evidenza, sai che scoperta direte, che nel Molise impera “la politica dei piccoli”.
La quale, qualora non ce ne fossimo accorti, ha assunto i connotati di “passa tempo” per quelli che arrivati al capolinea cercano come ultima spiaggia l’avventura nei palazzi del potere. Con queste affermazioni, anzi constatazioni, non vogliamo assolutamente puntare il dito accusatorio nei confronti di nessuno, perché molti nostri Amministratori credono fermamente alla missione cui si sono votati, non solo per capacità personale ma perché dimostrano di avere tutte le carte in regola.
Peccato che, nonostante tutti questi requisiti che, non sono poca cosa e che contano moltissimo affinché ci si dimostri politici di serie “A”, certi tipi di discorsi sono inutili perché chi “decide” non risiede nel Molise e questo è altamente deleterio se si vuole ricostruire l’identità di una regione. Molti si risentiranno con quanto abbiamo scritto e ci giudicheranno disfattisti.
Ecco perché non crediamo nella nuova stagione dei cambiamenti. Ebbene, credere in questo “sogno”, anche perché “la nuova stagione” il Molise l’ha sta attendendo da troppo tempo, quando le cose sono preordinate, è come mettere la testa sotto la ghigliottina: cioè autocondannarsi alla pena capitale senza possibilità di appello. Paragoni che, nella loro crudezza, la dicono lunga come “la politica dei piccoli” non lascia assolutamente spazio alle innovazioni e ai cambiamenti.
Paragoni che accomunati alla bramosia di potere ci costringono ad accettare le decisioni senza poter replicare. Una condizione che dovrebbe essere aberrata, se si pensa che questo modo di fare politica appartiene al passato e non al presente e tanto meno al futuro. Una condizione che invece nelle stanze segrete, viene tenuta viva perché è l’unica arma per poter tenere in scacco l’intera collettività. Allora quali le vie di fuga?
Di escamotage, visto i risultati, non ve ne sono, anche perché bisognerebbe azzerare l’intero sistema cosa che è in netta antitesi con i principi di rispetto verso le Istituzioni ma soprattutto verso i valori che ne dettano le linee guida. Quindi lasciare tutto come sta? L’impulso ci indurrebbe a dire si. Invece no; basta aspettare. Perché aspettando si rende giustizia ai molisani che sono stanchi di farsi raccontare le favole specialmente se queste sono infarcite di allegorie che, per arcani misteri, di cui non c’è dato sapere prendono corpo avvalorando in questo modo il titolo di questo articolo.