L’intervento/ Che valore ha ancora la parola coerenza?

di Massimo Dalla Torre

Basterebbe il titolo per chiudere senza alcun commento questo intervento in merito a quello che sta accadendo nel mondo politico molisano: invece No. Consentiteci, tanto per non perdere l’abitudine, un’analisi, forse un po’ lunga, ma consentitecela.


Abbiamo titolato la nostra chiacchierata mattutina utilizzando la parola “coerenza” che, da sempre, è in netta antitesi con un’altra parola “politica”. Una parola che, però, nel Molise trova l’eccezione, in quanto, è legata a doppio filo con tutto quello che è figlio degenere della politica. Un legame indissolubile. Un legame che neanche Hudinì il grande illusionista, se fosse ancora in vita, saprebbe dipanare. Un legame che si rafforza sempre di più e premia soltanto chi ha capito che se vuole far parte del circolo “Piquick”; non solo deve fare il salto della quaglia, ma deve tradire la fiducia dell’elettore e di conseguenza gettare alle ortiche i propri ideali giurando fedeltà assoluta a chi è ai vertici del palazzo; meno male che c’è ancora qualcuno che crede fermamente a quello che fa; ci riferiamo “ai dissidenti” che rinunciano alla poltrona per il bene della collettività; almeno speriamo.


Dicevamo, coerenza e politica che dopo un travaglio piuttosto lungo genera “il nulla” il che equivale letalità. Un nulla che all’apparenza sembra innocuo che, invece, visto i connotati su cui impera ossia, l’accentramento nelle mani di uno solo delle decisioni, cosa che rasenta il delirio d’onnipotenza, porta ancora di più nocumento al Molise sempre più allo sbando, sempre più disorientato; evidentemente questo è quello che meritiamo, visto il disinteresse di chi dovrebbe contrastare cose simili è palese. Per tornare al filo conduttore di quest’intervento.


La coerenza che molti sbandierano quale baluardo a difesa della democrazia è un qualcosa di dissonante con quelli che sono i principi insiti nella parola stessa. Una parola da troppi utilizzata. Una parola dietro cui non ci si può nascondere con affermazioni semplicistiche quali: “sono limpido; sono pronto a presentarmi o ripresentarmi agli elettori; sono tranquillo con me stesso; se ho preso alcune decisioni l’ho fatto per il rilancio dei ruoli istituzionali anche perché è una prerogativa che deriva dal mandato affidatomi, ecc…”


Cose che, in una libera democrazia, come quella in cui viviamo, forse, non si possono accettare; ecco perché farebbe bene chi le dice o dirà prima di esternarne di nuove a ponderare quello che dice ma soprattutto quello che fa, perchè se il risultato è questo, vuol significare che siamo arrivati proprio alla frutta, per giunta senza il cosiddetto “ammazza caffè”, e il conto da pagare è “salatissimo”. Per dare forza a quanto fin qui scritto, vorremo riportare il pensiero di alcuni scrittori, saggisti e pensatori sulla coerenza:

L’ultima cosa che mi preoccupa è di essere coerente con me stesso. (André Breton );

La coerenza è contraria alla natura, contraria alla vita. Le sole persone perfettamente coerenti sono i morti. (Aldous Huxley );

Un atto coerente isolato è la più grande incoerenza. (Don Lorenzo Milani );

Una stupida coerenza è l’ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha, semplicemente, nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro. Dite quello che pensate ora con parole dure, e direte domani quello che il domani penserà con parole altrettanto dure, per quanto ciò possa essere in contraddizione con qualunque cosa abbiate detto oggi. (Ralph Waldo Emerson ).

A voi giudicare se abbiamo ragione, anche se un detto popolare dice: “Che la ragione è dei fessi”; scusate se è poco!

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