Quasi il 90% degli italiani dichiara che, almeno una volta, ha sofferto di disturbi gastrointestinali. L’argomento verrà affrontato nel corso del convegno: “le malattie dell’Apparato Digerente, approccio medico e chirurgico”, promosso dalla Fondazione “Giovanni Paolo II” e dall’Associazione “A.Barelli – Amici della Cattolica” in collaborazione con la Parrocchia “Sacro Cuore” – Convento Cappuccini di Campobasso giovedì 13 dicembre alle ore 18.45 presso i locali della Parrocchia in Piazza S. Francesco, 12.
Relatori dell’incontro saranno professoressa Giuseppina Sallustio, Direttore del Dipartimento Servizi e il dottor Fabio Rotondi, Direttore del Dipartimento di Oncologia della Fondazione “Giovanni Paolo II”. Dopo il saluto del Parroco, Padre Luigi Chiarolanza, introdurrà i lavori il Direttore Generale, Mario Zappia.
Lo scopo principale dell’evento è informare e formare la popolazione affinché si mettano in campo tutte le strategie necessarie per prevenire i tumori ed individuarli in fase precoce. Deve essere fatto un grosso sforzo in questa direzione perché è vero, come detto, che abbiamo ormai a disposizione farmaci efficaci anche nelle fasi avanzate, ma meno diagnosi faremo in questo stadio di malattia, meglio sarà.
Dal punto di vista epidemiologico il tumore del colon è al primo posto tra tutti i tumori dell’apparato digerente (53 mila nuovi casi in Italia secondo il registro AIRTUM). Grazie allo screening però recenti dati dimostrano come la mortalità per questo tumore stia iniziando a diminuire, contrariamente a quanto avviene per il tumore del pancreas e l’adenocarcinoma esofageo. Un po’ in calo è anche l’epatocarcinoma (10 mila nuovi casi l’anno); in questo ambito i nuovi farmaci anti-virali muteranno in modo importante lo scenario nei prossimi anni ma la sorveglianza dei pazienti con cirrosi è fondamentale nella diagnosi precoce e nel migliorare la prognosi dei pazienti.
I tumori dell’apparato gastro-intestinale, presi nel loro complesso, pesano molto, essendo probabilmente la prima causa di morte per malattia neoplastica nella popolazione adulta in Italia. Per quanto riguarda invece la diagnosi precoce nulla purtroppo o quasi possiamo fare nel caso del cancro del pancreas – 13.700 nuovi casi nel 2017 – che rimane, anche da questo punto di vista la nostra bestia nera. Il cancro del pancreas non può giovarsi neppure di uno screening se non tra le famiglie ad alto rischio. Rimane il più ostico, il più difficile, quello gravato dalla prognosi peggiore; ma qualcosa si sta muovendo anche in questo settore e, a livello di centri di riferimento oncologico, l’approccio al paziente è uniforme e omogeneo in tutta Italia.
Per il cancro del colon invece lo screening è offerto in Italia a soggetti tra i 50 e i 69 anni ed è costituito dalla ricerca del sangue occulto nelle feci (e successiva colonscopia nei casi positivi) con ripetizione regolare ogni 2 anni.
Per il tumore del fegato, l’epatocarcinoma, parliamo di circa 10 mila nuovi casi in Italia nel 2017; questa neoplasia spesso è ancora diagnosticata in fase avanzata perché non viene ancora applicato un adeguato screening nella popolazione a rischio (cirrotici e soggetti affetti da infezione del virus B e C). Un problema deriva dal fatto che non sappiamo ancora come gestire le epatopatie metaboliche che saranno la piaga del futuro in tutto il mondo; ma sicuramente anche qui un adeguato inquadramento e, ove indicato, lo screening e la sorveglianza, saranno fondamentali.
Anche per quanto riguarda l’adenocarcinoma gastrico – circa 13 mila nuovi casi l’anno – vale stesso discorso: si potrebbero identificare categorie a rischio, utilizzare dei biomarcatori che ci consentano di selezionare popolazioni a rischio (soggetti portatori di infezione di Helicobacter pylori e i portatori di una gastrite atrofica, che rientra tra le condizioni precancerose dello stomaco e che quindi richiede una gastroscopia di stadiazione).