Ticket sempre più alti, Pronto Soccorso intasati, visite e prestazioni ambulatoriali che richiedono tempi d’attesa elevatissimi, personale che manca, reparti ospedalieri nel caos, ospedali in fase di smantellamento, medici di base e guardie mediche spesso relegati al ruolo di compilatori di prescrizioni, rete dell’emergenza che fa acqua da tutte le parti, progressivo impoverimento dell’offerta sanitaria pubblica, deficit che non accenna a diminuire, cittadini sempre più penalizzati e comitati in rivolta: questa in estrema sintesi la fotografia dello stato della sanità pubblica molisana. In una parola: svendita.Noi di Lab riteniamo che non sia accettabile rassegnarsi a tutto questo e attendere passivamente la nomina dell’ennesimo commissario alla sanità, mentre sotto gli occhi di tutti viene smantellata la sanità pubblica e calpestato il diritto alla salute.Non siamo così presuntuosi da poter fornire da soli una ricetta per evitare il tracollo, ma intendiamo essere parte attiva della discussione sul tema della sanità ponendoci accanto ai cittadini, non solo campobassani ma di tutto il territorio regionale, e battendoci per la tutela dei loro diritti.
Abbiamo accolto con non poca perplessità la convocazione in quarta commissione di comitati, sindaci e organizzazioni sindacali, che da tempo dicono la loro attraverso la stampa e che sono mesi che chiedono un tavolo di confronto. Come inchiesta pubblica ci sembra infatti tardiva e un inutile orpello volto a cercare di ottenere una sorta di legittimazione di scelte già avvenute (con tanto di bocciatura da parte del Tavolo Tecnico), e non condivise nei tempi e nei modi opportuni con le parti sociali.
Con i Piani Operativi, infatti , la mannaia si è abbattuta sulla sanità pubblica e in particolare sugli ospedali di Agnone, Larino e Venafro, lasciando inalterato il rapporto pubblico-privato del 60% contro il 40% e privando le aree periferiche non solo dell’assistenza ospedaliera ma anche di servizi essenziali e non coperti da adeguata assistenza territoriale. Pur convinti che la sanità non si fa esclusivamente con i posti letto, ci teniamo comunque a puntualizzare la necessità di un privato convenzionato che sia complementare e non sovrapposto al pubblico e limitato a quelle prestazioni che la sanità pubblica non riesce a garantire. Riteniamo che le strutture sanitarie private dovrebbero iniziare a ripensare il proprio modo di fare azienda orientandosi verso la libera iniziativa imprenditoriale e iniziando a camminare sulle proprie gambe, senza gravare su una Regione che non può più sostenerne gli oneri, magari rivolgendosi al direttamente al Ministero per l’attribuzione di risorse e posti letto.
Concordiamo che la visione di una sanità ospedalocentrica è ormai superata, ma la progettualità riguardante l’assistenza territoriale, in particolare quella oncologica, ci sembra piuttosto carente soprattutto perchè centralizza alcune prestazioni e costringe i malati a frequenti viaggi intraregionali, favorendo più o meno inconsapevolmente il deleterio e oneroso fenomeno della mobilità passiva verso le regioni limitrofe. Troviamo inammissibile che non vengano rivisti gli accreditamenti di ambulatori e laboratori privati mentre si svuotano le strutture pubbliche degli stessi servizi realmente vicini al cittadino.
Si effettuano tagli lineari, si eliminano reparti e si riducono gli ospedali a scatole vuote ma non siamo convinti che questo produca un effettivo risparmio, non solo per il già citato fenomeno della mobilità passiva ma soprattutto perchè nonostante il tentativo di introdurre una contabilità analitica manca una vera politica che contrasti gli sprechi, le spese inutili, le sacche di inefficienza e di clientelismo, attraverso un attento controllo degli acquisti, degli appalti, dei bandi, dei servizi esternalizzati.
La chiave di volta secondo Lab sta nel territorio, nella prevenzione, nella diagnosi precoce, nell’offrire servizi accessibili e gratuiti agli anziani e i malati cronici, affinchè possano evitare costosi e inappropriati ricoveri ospedalieri. Riteniamo indispensabile ripensare l’intera rete dell’assistenza di base, fornendo ai medici curanti e ai medici di continuità assistenziale la reale possibilità di fungere da filtro per gli accessi ospedalieri e di curare i loro pazienti a domicilio, avvalendosi anche della figura infermieristica, come già avviene in altre regioni italiane. E’ altrettanto importante prestare attenzione alle cure infantili, prevedendo delle guardie pediatriche, soprattutto notturne e festive per garantire anche ai bambini la continuità assistenziale. Anche la riorganizzazione della rete dell’emergenza è un passaggio che andrebbe affrontato con serietà: ridurre il numero delle postazioni del 118 ci sembra una soluzione semplicistica quando invece servirebbe una rete in grado di trasportare solo gli utenti che ne hanno realmente bisogno e in un luogo dove il malato può essere curato. In altre parole il malato andrebbe trasportato dove c’è un posto letto e dove ci sono gli specialisti in grado di curare la patologia da cui è affetto secondo la prima ipotesi diagnostica. Servirebbe entrare nel merito delle prestazioni erogate non solo dal personale del 118, ma di ogni professionista sanitario in un’ottica di meritocrazia e competenza introducendo meccanismi di controllo della qualità, sistemi premianti e sanzionatori.
Auspichiamo per il futuro che il ricorso al lavoro precario sia limitato a casi eccezionali come sostituzioni per aspettativa, malattia, maternità e non per coprire posti cronicamente lasciati vacanti. La presenza di tanto personale precario è controproducente da un punto di vista economico e di qualità delle cure offerte perchè la composizione dell’equipe delle singole unità operative è vincolato alle inevitabili scadenze dei troppi contratti a tempo determinato. Investire nella formazione di giovani professionisti risulta, quindi, difficile e poco utile in una prospettiva futura. A tal proposito chiediamo ai nostri amministratori il motivo per cui non si siano mai avvalsi della possibilità di assumere annualmente il 15% del personale precario in deroga al piano di rientro.
Un ultimo aspetto non meno importante è che politiche sanitarie e politiche ambientali non andrebbero mai scisse in quanto il diritto alla salute non è solo diritto alle cure, ma soprattutto diritto a non ammalarsi. Sollecitiamo quindi la bonifica di tutti i siti contaminati diffusi purtroppo su tutto il territorio regionale, il piano di zonizzazione dell’aria e una moratoria per le autorizzazioni di impianti altamente inquinanti come inceneritori e centrali a biomasse. Se non ci sono le risorse per curare i cittadini è quanto meno opportuno fare tutto il possibile perchè non si ammalino.