di Massimo Dalla Torre
Ho voluto riproporre un pezzo di storia personale per ricordare a me stesso ma soprattutto a chi inneggia a certe ideologie, purtroppo tornate in auge, che è bene tenere a mente la giornata della memoria, quale monito affinché la crudeltà umana venga cancellata definitivamente dal vocabolario. Parola che ha visto, il sacrificio di milioni di ebrei, di cui mi onoro di far parte per genia paterna; il cognome è indicativo…
Titolo enigmatico quello scelto per questo intervento. Titolo che prelude a una storia che affonda le radici nel tempo e precisante negli anni della guerra e delle persecuzioni razziali. Titolo che mi permette di raccontare un pezzo di storia familiare a testimonianza come le circostanze ti salvano la vita e di conseguenza permette di essere vigile affinché la scellerataggine e la ferocia dell’uomo non torni prepotentemente a galla. Erano gli anni bui della guerra e mio nonno aiutante di cassa alla Banca d’Italia con la sua famiglia, abitava nello stabile di fianco all’Istituto di credito precisamente in Piazza Cesare Battisti. Stabile che rimpiango in quanto mi ha permesso di conoscere persone che sono rimaste fisse nella memoria ma che la dura legge della banca, trasferiva dopo un certo numero di anni perché era bene che si conoscessero tutte le attività del maggior Istituto di credito nazionale. Torniamo a noi: c’era la guerra e le leggi razziali imperavano.
Anni in cui tutti avevano paura di tutto specialmente era pericoloso appartenere a certe etnie, in quanto, si rischiava l’internamento nei campi di prigionia. I quali, erano presenti anche nel Molise a poca distanza dal capoluogo e che, nel giorno della memoria, sono stati ricordati e aberrati nel corso di una serie d’iniziative a monito di chi si prestò a dar man forte ad un gruppo di persone listate di nero, tristemente conosciute come Scultz Staffen ossia SS. Dicevo, la mia famiglia, era composta da mio nonno, mia nonna, i miei zii e mio padre che era ufficiale in servizio al Commissariato Militare a Napoli, di conseguenza non viveva a Campobasso. Persone che vivevano la quotidianità come tante altre famiglie tra vicissitudini e sacrifici anche se non mancava nulla, grazie alla oculatezza e alla parsimonia con cui si amministrava sia il menage che l’economia familiare, eppure, un’ombra sovrastava i nostri destini come quelli di molti campobassani: era l’etnia ossia le origini ebree.
Un marchio, anzi una stella a sei punte che, a distanza di più settanta anni è ancora simbolo di sofferenza. Un simbolo che grida al mondo intero che sei milioni di persone non sono più tornate alle loro case. Un simbolo che, tuttora combatte per vedere riconosciuti i diritti, anche se c’è ancora qualcuno che ci accusa di essere diversi e pericolosi. Una mattina Campobasso si svegliò sotto i rastrellamenti da parte delle truppe naziste che, casa per casa, cercavano gli appartenenti alla “tribù di David”. Rastrellamenti che toccarono direttamente anche i miei cari che, per un caso fortuito, furono risparmiati giacché sulla porta di casa, oggi a distanza di tanti anni non so spiegarmelo, era apposta una targa con su scritto in italiano e tedesco “POLIZIE BANCH/ POLIZIA BANCARIA”.
Della scritta misteriosa non c’è più traccia, anche perché mio nonno non svolgeva assolutamente funzioni di sorveglianza bancaria; anzi era lui a dover essere protetto in quanto, si recava nel “caveau” dell’imponente palazzo dirimpettaio il Convitto Nazionale Mario Pagano e prelevava le somme che servivano per le operazioni di sportello o di cassa come avviene ai giorni nostri anche se con mezzi e modalità differenti. Una traccia che mi permette di scrivere queste cose, perché, come per miracolo, la pattuglia tedesca si arrestò davanti alla porta di casa e non procedette all’arresto di nessun membro della mia famiglia. Casualità?
Timore di ripercussioni da parte degli organi di polizia asservita al sistema? Oppure consapevolezza che quello che stavano facendo era errato? non è dato sapere. L’unica cosa certa è che oggi sono qui a scrivere queste cose con la speranza che quello che accadde tanti anni fa non si riaffacci all’orizzonte; anche perché se accadesse, sarebbe cancellata dal vocabolario la parola SHALOM.