Lettera in redazione
Carissimo direttore,
L’altro giorno osservavo alcune foto della Corso Bucci e dintorni degli anni Cinquanta: chi ha mai visto una doppia fila di alberi lungo quello che dovrebbe essere il secondo salotto cittadino dopo Corso Vittorio Emanuele! Chi ha mai visto degli abeti in Piazza Francesco D’Ovidio! Chi ha mai visto alberi e non voragini lungo entrambi i marciapiedi di Viale Elena! Almeno, non io da quando vivo nel capoluogo regionale.
Mi è capitato anche di ripescare delle foto di quella che fino a poco tempo fa era Villa dei Cannoni, ora denominata Villa Musenga: alberi su alberi, e solo alberi, non giochi o altri orpelli fuori luogo. Sono stato tentato di scattare una foto allo “spelacchio” nostrano, un abete rimasto su eroicamente dopo il vergognoso sventramento di parte dell’esigua villa per lasciare il posto a strutture ludiche che avrebbero potuto benissimo essere installate nelle tante zone abbandonate delle vicinanze, ma che qualche forza politica si è incaponita nel volere proprio in quel posto. Poi ho detto: non infieriamo ulteriormente su un’essenza arborea che, insieme a tante altre, sta subendo il sopruso della noncuranza.
La nostalgia di quella Campobasso che fu non di rado prende il sopravvento perché ormai non c’è più limite all’indecenza del capoluogo, alla spocchia con cui si trattano determinati argomenti, certi di avere la ricetta in tasca, alla superficialità con cui si menzionano improbabili piani di rilancio. Dovunque si vada, la città presenta il conto di tanti anni di abbandono, mala gestione, scarso o nullo spirito di gruppo nei cittadini per dire basta a questa violenza.
Si sta criticando, da più parti, la cosiddetta “autonomia differenziata” che Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna stanno chiedendo al Governo centrale, certe di poter fare buon uso -come hanno già ampiamente dimostrato- dei fondi pubblici in vari campi dell’agire amministrativo. Perché la si sta criticando se c’è -indipendentemente dal colore politico che guida queste regioni- un virtuosismo di fondo che le rende diverse dal resto d’Italia (e qui parlo con cognizione di causa, perché ho avuto e continuo ad avere interscambi con almeno due di esse)? Ci si può fermare a riflettere sull’uso che invece noi molisani -e noi campobassani in particolare- facciamo di tali fondi? Quali progetti presentiamo? In che modo dimostriamo di utilizzare presto e bene queste risorse?
Dal volto attuale del capoluogo si può avere la risposta, e dalle foto degli anni Cinquanta il monito a smetterla con tutto questo masochismo.
Cordialmente
Gianluigi Tornabuoni