L’aumento dell’età media della popolazione pone nuove sfide soprattutto in campo medico. Spesso ci si trova di fronte a pazienti in età avanzata che conducono una vita pressoché normale, pur avendo specifiche problematiche legate alla età. Nelle scorse settimane l’equipe di Chirurgia Vascolare della Fondazione “Giovanni Paolo II”, coordinata dal dottor Pietro Modugno, si è trovata di fronte a quattro casi particolarmente complessi la cui situazione era aggravata dall’età avanzata. Quattro signori che avevano rispettivamente 80, 81, 87 e 93 anni. I primi tre erano affetti da aneurisma dell’aorta addominale molto grande di 6 e 7 centimetri, mentre al terzo è stato diagnosticato un aneurisma dell’arteria della gamba (arteria poplitea) di circa 7 centimetri.Un aneurisma aortico addominale è una dilatazione (rigonfiamento) di una porzione del tratto addominale dell’aorta, in corrispondenza del rigonfiamento l’aorta può indebolirsi.
Il tempo e la forza della normale pressione sanguigna può causarne la rottura, provocando dolore intenso e un massiccio sanguinamento interno (emorragia) che porta alla morte. Se sussiste un rischio reale di rottura dell’aneurisma il chirurgo vascolare ha due alternative: praticare un incisione nell’addome in corrispondenza dell’aneurisma oppure intervenire per via endovascolare attraverso le arterie femorali senza incidere sull’addome, questo tipo di approccio risulta essere meno invasivo rispetto all’intervento chirurgico tradizionale.Nei casi in questione bisognava ponderare bene il rischio di rottura dell’aneurisma associato all’età avanzata e alle patologie correlate soprattutto di tipo respiratorio e renale.Fatta un’accurata valutazione clinica i chirurghi vascolari hanno deciso di praticare la metodica meno invasiva, pur consapevoli dell’alta complessiva e del rischio operatorio e post operatorio.Gli interventi sono durati diverse ore e non sono mancati attimi di tensione, ma alla fine tutto è andato bene. Dopo qualche giorno la prognosi è stata sciolta e i pazienti sono stati trasferiti nel reparto di Riabilitazione Cardiovascolare, dove grazie anche all’apporto dei medici e dei fisioterapisti, hanno riacquistato in tempi brevi una piena funzionalità motoria. Potranno quindi condurre una vita normale.Interventi di questo tipo sono sempre rischiosi a qualunque età, anche quando le condizioni generali di salute sono buone. In questi casi non intervenire significava condannare i pazienti a morte certa. Il rischio era oggettivamente alto e non tutti i chirurghi si sarebbero assunti questa grande responsabilità.“Abbiamo deciso di intervenire” dichiara Pietro Modugno “perché i signori, seppur in età avanzata, avevano uno stile di vita pressoché normale, anche se con un quadro clinico complesso. Sapevamo che il rischio a cui saremmo andati incontro era alto, ma in anni di lavoro abbiamo acquisito una esperienza tale che ci ha permesso di affrontare anche situazioni difficili”.Interventi di questo tipo possono essere eseguiti solo in centri integrati dove sono presenti diverse specialità cliniche: l’emodinamica, la cardiochirurgia, la cardiologia e la riabilitazione cardiovascolare. In modo da garantire una cura integrale della Persona, e soprattutto intervenire tempestivamente in caso di complicanze.