I Misteri, testimonial del dna campobassano

di Massimo Dalla Torre
Maggio 2024: mentre il popolo degli ambulanti come una colonia di formiche si appresta a montare le strutture e gli stand, che per circa 4 giorni occuperanno gli spazi cittadini, causando mugugni e malcontenti tra i cittadini, moltissima gente, si assieperà lungo le strade del centro città in occasione della sagra dei misteri.

Festa che, se potessimo utilizzare il linguaggio sportivo del baseball, anche quest’anno, segnerà un “inning” a favore di chi con tenacia e caparbietà continua a tenerla viva senza doppi scopi o alcun tornaconto personale. Un avvenimento che puntualmente richiama nel capoluogo di regione sempre più curiosi, sempre più amanti delle tradizioni “testimonial” di una cultura tutta campobassana. Una festa che, nonostante si voglia “cervelottizare”, è nata dal popolo e fatta per il popolo.

Una festa che racchiude un significato specifico che, nonostante sono passati oltre 300 anni rimane immutata, anzi si è ingigantita e si è
riappropriata, a ragion veduta, del suo “animus originale”. Uno stampo che, non ha alcun bisogno di spiegazione, perché le spiegazioni le si hanno semplicemente guardando la città nel giorno dedicato alle macchine nate dalla creatività di paolo Saverio di zinno. Una città che si anima, si vivacizza, si trasforma. Una città che si apre a quanti arrivano fin dalle prime ore del mattino per occupare un posto in prima fila per assistere alla sfilata degli ingegni.

Una città che diventa persino multietnica, in cui culture, costumi e profumi distanti migliaia di chilometri l’una dall’altra s’incontrano, anche se solo per pochi istanti, abbattendo in questo modo un muro che molti vorrebbero erigere. Un qualcosa che da sempre alimenta contrapposizioni che non capiremo mai, perché non ci appartengono, eppure ci, sono. Contrasti che, come accadeva all’epoca di, quando il Di Zinno disegnò e forgiò nel fuoco gli ingegni dividono. Una “fronda” che fa sorridere, in quanto, altre realtà farebbero le cosiddette “carte false” pur di accaparrarseli e farli sfilare con tutto il rispetto che loro si deve.

Un rispetto che chi, soffia sul fuoco per alimentarlo, farebbe bene a tenere a mente perché le sacre rappresentazioni portate a spalla lungo un percorso di quasi 3 chilometri e mezzo da chi ci crede veramente, sono state, sono e saranno, comunque vadano le cose, la carta d’identità di una comunità capace di chiudersi a riccio pur di salvaguardare un qualcosa di unico, perché fa parte del dna di campobassani.

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