*di Massimo Dalla Torre
Non so quanti di voi, ci auguriamo molti, ricordano il significato delle tre “F” che abbiamo utilizzato quale titolo per la chiacchierata quasi quotidiana. Tre consonanti, almeno ci pare, non vorremo errare perché la conoscenza della grammatica è sempre più precaria, che prese, singolarmente, potrebbero, usiamo il condizionale, essere le iniziali di una griffe, di una società, di un nome di un prodotto di moda, senza sapere che invece, in questo caso, sono le iniziali di Festa, Farina e Forca utilizzate nel periodo in cui nel regno delle due Sicile regnava Franceschiello, il re particolarmente amato dal popolo della Partenope Felix.
Un sovrano che, pur di avere il consenso dai sudditi, usava il cosiddetto sistema del “bastone e della carota” cioè, nonostante le condizioni di vita precaria, oddio le cose non è che siano migliorate, anzi sono peggiorate, quando si accorgeva che l’aria era diventata irrespirabile sotto tutti i punti di vista, non esitava a indire Feste in cui abbondava la Farina e se qualcuno si macchiava di “lesa maestà” o osava ribellarsi finiva sulla Forca.
Tre “F” che questa volta utilizziamo quale spunto, lungi da noi porre in essere specialmente la terza consonante, perché siamo un popolo civile e non forcaiolo, per porre alla vostra attenzione quello che accade nei palazzi della politica. Avvenimenti che smuovono letteralmente le acque sia del parterre politico sia quello dei cittadini.
Fin qui nulla di strano, perché di sommovimenti politici e di rafforzamenti pur di consolidare le posizioni conquistate ne accadono tutti i giorni. La cosa che invece lascia esterrefatti è la spesa, che si sostiene per reggere l’apparato. Spesa che, conti alla mano, appesantisce enormemente le casse del sistema che, a quanto è dato sapere, vede la scarsella quasi vuota. Per dignità di cittadini che, se non fossimo attaccati al Molise, abbandoneremo molto volentieri, siamo fortemente tentati a non fare commenti lasciando in bella mostra gli “euri” che si spendono per le continue operazioni di restyling politico. Siccome, siamo membri di questa comunità, vorremo richiamare l’ attenzione su di un piccolo particolare quello che “il tempo delle vacche magre” è quanto mai imperante e di conseguenza ogni “spreco” è fuori luogo soprattutto per prime due F ossia feste e farina, la terza è solamente figurativa e non attuabile.
Un fuori luogo dettato dalle innumerevoli esigenze di chi deve vedersela con i conti per far quadrare il bilancio familiare sempre più rosso, sempre più in negativo. Senza voler accusare nessuno né tanto meno gridare “dagli all’untore” anche perché vorremo far notare una cosa a chi ancora una volta ha “schiaffeggiato”, perché di uno schiaffo si tratta, la comunità Molisana che il 2019 prima e il 2020 oggi è ancora caratterizzato da: rincari del costo della vita, crisi d’identità e di credibilità politica; tutti elementi in caduta libera. Anni in cui il Molise assume le fattezze di un clochard.
Anni che gli scaramantici non esiterebbero a contraddistinguere con il “17” che, nella smorfia, è sinonimo di disgrazia, iella, malaugurio. Numero che si sposa appieno con i commenti certamente non entusiastici dei cittadini, di questo siamo più che certi, che si sono posti la domanda: ma tutto questo ha un senso? Si ha un senso, ci permettiamo d’interpretare il pensiero di chi ha attuato l’operazione di ristrutturazione. Un qualcosa che purtroppo mostra ancora una volta il volto deleterio della questione che, nell’assurdità dei fatti, è sempre più sfigurato dalla politica che, inequivocabilmente, impera ancora una volta sulla inerme e stanca ventesima regione dello stivale.