di Massimo Dalla Torre
“…“ebbene giacché non ci sono più le condizioni per andare avanti, voi suonerete le vostre trombe e noi suoneremo le nostre campane. E così detto, uscirono dalla sala…” abbiamo voluto iniziare questo intervento sulla crisi d’identità che sta interessando la politica molisana, riportando, anche se modificata nel preambolo, la famosa frase detta da Pier Capponi notabile della repubblica fiorentina dell’età medicea a Carlo VIII°, l’imperatore dei francesi, allorché arrivato in Italia ricevette le ambascerie della repubblica gigliata e dettò le condizioni per la pace.
Cosa che indignò moltissimo i fiorentini che abbandonarono la sala in cui si svolse l’incontro. Una frase che si potrebbe adattare alla situazione che si è venuta a creare nei palazzi del potere che governa la ventesima regione dello stivale. Una situazione che vede da molti giorni l’infuriare di procelle e marosi quale prolusione alla possibile crisi istituzionale che si profila all’orizzonte se non ci saranno i chiarimenti necessari a calmare le acque. Un qualcosa d’incontrollato motivato dalle continue “bislaccate politiche”, che provocano mal di pancia, causa la mancanza di rispetto per chi ha contribuito alla vittoria della destra che detiene le redini del Palazzo e che potrebbe portare la rottura del “giocattolo”.
Il quale, ha divertito per poco tempo, appena otto mesi, e che, per l’inceppamento di qualche ingranaggio non funziona come si vorrebbe; ecco il perché l’uomo della strada ha iniziato a porgersi e a porgere una serie di domande prime fra tutte: Come mai si è deciso di dare fuoco alle polveri? Come mai i panni non sono lavati in famiglia, ma in piazza? E’ veramente arrivata l’ora assetare il colpo finale? Domande alle quali, vista la situazione di poca chiarezza, è difficile avere risposte, anche perché, di risposte a questa “sciarade pre elezioni amministrative ed europee” crediamo non ve ne sono, e se vi sono ci si guarda bene di esternale.
Una sciarade che, sempre prendendo a prestito la storia e i personaggi che l’hanno caratterizzata, Niccolò Machiavelli l’arguto politologo fiorentino saprebbe dipanare con un laconico commento…sono zuffe di contrada da far sedare al bargello mandando tutti con i ceppi ai polsi a meditare a ponte novo... Peccato che quei tempi sono lontani anche se sotto certi aspetti i suggerimenti dell’arguto pensatore fiorentino contenuti nel “Principe” potrebbero essere attuati.
Non si offendano i protagonisti della vicenda, ma questa è la realtà dei fatti. Una realtà che un detto toscano, sempre per rimanere nella stessa ambientazione, commenterebbe così “un c’è nulla da fare siamo giunti alla stagion dei fichi” che, però, a quanto pare, non potranno essere raccolti forse perché si vuole che non si “cambi la piantagione”. A buon intenditore poche parole.