E’ passato il giro d’Italia a Campobasso, momento magico per tutti noi. In verità ai giorni nostri magico un poco di meno, ma quando eravamo bambini vedere Campobasso, parte del Molise in televisione era una cosa quasi inimmaginabile, e quando succedeva era festa per tutti, ci sentivamo importanti, al apri delle grandi città che, per politica o per cronaca, venivano nominate tutti i giorni.
Nel caso, poi, del giro d’Italia a Campobasso bisogna dire che tra gli altri ricordi c’è da annoverare la prima vittoria di tappa di Costante Girardengo (il Girardengo della stupenda canzone di Francesco de Gregori : il bandito ed il campione) il 16/05/1913, data miliare per il ciclismo italiano.
Un mio ricordo di un giro d’Italia a Campobasso è di fine anni settanta. Come sabato ci fecero uscire prima da scuola ed io andai ad assistere al passaggio del giro d’Italia in via Mazzini. Non ricordo che tappa fosse, ma passarono in senso contrario a quello di sabato scorso. La cosa che mi colpì, di tutto lo “spettacolo” fu il sospiro di sollievo di un vigile urbano che disse con un collega: “meh, quisse (il giro) è fatte, mò ce resta Cuorpe Sdomene”. In poche parole aveva sintetizzato il lavoro immenso che dovevano profondere per un evento speciale. E proprio qualcosa di speciale, a mio avviso di molto speciale, ha detto un telecronista della Rai sabato parlando del Molise che stava “ospitando il Giro d’Italia. Ecco il suo intervento per intero, merita di essere letto tutto:
“… Girava tempo fa una battuta: Il Molise non esiste. Bruttissima battuta, non c’era nulla da ridere, come dire.. l’idiozia di chi fa questa battuta e magari non ci è mai venuto. Se uno viene qui, trova tutto quello che i turisti sognano e ti ospita in un posto non finto con tante realtà meravigliose. Boschi fittissimi, paesi spersi ancora con il sapore della storia. Tu vai a cercare la storia ma la trovi lì, non trovi la falsificazione. Ci sono tanti castelli finti in Europa, invece qua meno valorizzati ma veri. E poi la tradizione culinaria, qui si è coltivato sempre il grano, ma si mangia la pizza di mais. Il grano era per i ricchi. Il mais molisano è l’agostinello a otto file.. che ora sta ritornando essendo molto buono e ha ottime proprietà. E poi le tradizioni storiche fino a Campobasso, bella città, dal centro storico alla parte nuova, dove sono nati i maccheroni. Poi a Campobasso nel mese di giugno c’è la sfilata dei misteri, nel giorno del Corpus Domini e alle 10 la mattina inizia la grande festa. E il capo squadra urla <<SCANNET ALLERT>>(che ignoro cosa voglia dire).. ma di colpo si alzano i 13 misteri biblici del grande Di Zinno ..vecchi di 300 anni. Se uno ha voglia di rivivere queste emozioni,a giugno viene a Campobasso dove si mangia bene,vede i misteri,si diverte e la vita è più bella.”.
In 235 parole il giornalista è stato capace, a costo zero per il Molise, di sintetizzare tutta la nostra essenza e le nostre bellezze. Senza contare che sul sito del giro d’Italia nella parte riguardante il Molise si sono “spinti” sino a ricordare Celestino V e la pizza mais “perché il grano costava molto e quindi si era costretti a mangiare la pizza di mais”, la pizza e grantinje!
Io, da molisano, mi sono semplicemente commosso, mi sono commosso al pensiero che un qualsiasi giornalista, “mercenario” per la sua azienda, abbia potuto spendere parole così belle, tutte vere senza ombra di dubbio, intercalando il suo racconto con un innocente “non so cosa possa essere SCANNETTE ALL’ERTE” covid permettendo glielo faremo ascoltare e vedere con vero piacere SCANNETTE ALL’ERTE.
Ritornando a noi, a noi molisani, questa tappa del Giro d’Italia ha reso una visibilità tale, ma di una qualità eccezionale, in mondovisione, della nostra storia, dei nostri costumi, della nostra gastronomia, della nostra archeologia in maniera semplice e come ci dicevano a scuola: “breve succinta e compendiosa”.
Il pensiero, in questo momento, non può che andare al concorso fatto dalla Regione Molise per lo spot sulla promozione turistica in Molise. Un breve spot pubblicitario che non ha reso nemmeno da lontano l’idea del Molise avuta in 235 parole da un giornalista magari arrampicato sul tetto di un furgone o in bilico sulla scaletta della tribuna stampa posta all’arrivo di tappa.
Le cose, cari tutti, o le si fanno con sentimento e con il cuore, ma anche con partecipazione e con volontà di lavorare oppure si rabberciano come meglio capita. Il problema è che se le rabberciamo e lo facciamo con i soldi pubblici mi sento male, scusatemi: mi sento da fottere.
Passato il giro d’Italia, aumentato il dispiacere di vedere soffrire sempre di più la nostra terra, vi saluto tutti con affetto e stima e con il solito statevi arrivederci!
Franco di Biase