Una caro saluto a tutti e voglio farvi una confidenza: una persona normale scrive qualcosa e poi ci trova un’immagine a corredo, io invece mi ispiro all’immagine per scrivere qualcosa.
Ognuno si orienta c0me meglio crede, l’importante è uscirne vivi. Ecco, appunto!
Andiamo avanti sperando. Speriamo nell’arrivo del vaccino, nella fine di tutto. Oramai solo l’arrivo del vaccino potrà pilotarci verso un ritorno alla (quasi) normalità.
La normalità, ecco cosa bella! Vorrei, scusatemi se parlo anche per qualcuno di voi, che la normalità tornasse nelle nostre vite, giusto per avere una tranquillità maggiore …. tranquillità e linearità
La tranquillità sarà di la da venire la linearità l’abbiamo persa. L’abbiamo persa prima per l’arrivo della pandemia e poi per la gestione.
Ci eravamo subito accorti che la pandemia fosse pericolosamente contagiosa e ci siamo attrezzati difendendoci con l’isolamento, iniziando ad avere delle zone rosse. La zona rossa l’abbiamo subito capita. Se si eccettua qualche nostalgico maledicente della legge Merlin, che poteva aver scambiato la zona rossa con “Oudezijds Achterburgwal” il quartiere a luci rosse di Amsterdam, tutti gli altri avevamo capito che non si poteva uscire e stare isolati. Con l’arrivo dell’estate sembrò che la pandemia ci abbandonasse un attimo e quindi si passò dalla zona rossa a quella arancione, per poi passare a quella gialla. Giova ricordare che in zona gialla furono scoperte le cascate di Carpinone, il ponte tibetano di Roccamandolfi, le spiagge ridenti dei trentacinque chilometri della costa molisana. Tutte “attrazioni” che erano state sempre al loro posto (tranne il ponte di Roccamandolfi) ma noi eravamo troppo impegnati ad andare “… laggiù nel paese dei tropici, dove il sole è più sole che qua”, come cantavano Dalla e De Gregori in Banana Repubblic, che non ci eravamo accorti di niente.
Tornato il freddo con l’autunno e poi l’inverno si aprì la scatola dei pastelli del Ministro della Salute e del Presidente del Consiglio, abbreviati: DPCM!
Iniziammo ad avere le zone arancione scuro, le zone bianche, che poi tornano gialle, le zone giallo scuro, le zone “va ‘nanze tu ca me vè da rire” e le zone del si salvi chi può.
Ad oggi, marzo 2021, credo sia abbastanza chiaro che la nostra regione sia inguaiata di brutto per il contagio da covid. Ogni giorno muoiono persone e ci troviamo di fronte all’emergenza più assoluta.
Una volta, quando eravamo adolescenti ad una minima necessità: alluvione, terremoti e cose simili, sentivamo: “sono intervenuti i Vigili del Fuoco ed è stato mobilitato l’esercito”. Tempi passati tempi che non tornano perché adesso abbiamo la protezione civile, non so se meglio o peggio, ma se utilizzano male i fondi e le risorse è un male. Ed è proprio in questo caso che mi viene da pensare cose non troppo belle.
Nelle settimane scorse tanto si è parlato dell’ospedale da campo della Croce Rossa Italiana sistemato nel piazzale dell’ospedale San Timoteo di Termoli. Ospedale che nell’idea di chi lo ha richiesto doveva servire per dare sollievo ai malati utilizzando l’ospedale da campo per decongestionare l’ospedale san Timoteo. In men che non si dica furono montate le tende ed allestite con arredi e tutto quello che ci vuole per far funzionare un ospedale. In quelle tende (ospedale) non ci è mai entrato un malato e quelle tende non sono mai state utilizzate, almeno a Termoli per ospitare malati.
Di punto in bianco non si capisce bene a chi, ma forse si capisce, si decide di utilizzare quelle tende, l’ospedale da campo della Croce Rossa Italiana per vaccinare i molisani aventi bisogno, aventi bisogno secondo le priorità stabilite. Ma come? Vaccinare i molisani? Cioè hanno fatto arrivare a Termoli camion, mezzi ed attrezzature, più personale della Croce Rossa, hanno fatto montare un ospedale da campo per poi farci le vaccinazioni? Obbligando, il personale della Croce Rossa a smontare l’ospedale e far rimanere in piedi solo le tende. Ma … la pandemia è passata? La necessità di un ospedale da campo è finita? Il personale della Croce Rossa, ammesso che siano puri volontari ha un costo: non fosse altro che per alloggio e vitto, ma ha un costo.
Io lo vedo come un ennesimo aspetto di malasanità per giunta nel bel mezzo di una pandemia che ci sta costando soldi, vite e speranze per il nostro futuro.
Credo che i “gestori della situazione” dell’ospedale da campo di Termoli siano le stesse persone, la stessa persona, che vorrebbe svolgere il ruolo di commissario alla sanità, bene. Se gli dovessero chiedere un curriculum per svolgere il ruolo di commissario alla sanità potrà sicuramente inserirci questo aspetto: soldi e risorse utilizzate male!Andiamo avanti e vedremo cosa succederà. Intanto la paura mia, la paura di un molisano che creca di capire qualcosa è: il commissariamento alla sanità è richiesto per cercare di fare qualcosa per il Molise? Con quali obiettivi? Come gestiranno la sanità se lo Stato non si farà carico del deficit sanitario? Tutti questi dubbi mi assalgono centinaia di dubbi che mi assalgono da anni. Uno su tutti: i primari sanitari sono nominati dalla politica, e di queste nomine non “pienamente condivisibili” nel passato sanitario del Molise ne abbiamo viste parecchie, ed erano tutte “figlie” di commissari politici alla sanità molisana.
Concludendo credo che quando si scrivono certe cose per qualcun si può essere accostati a Cenza Pezzanire mitica persona degli anni trenta/quaranta che amava sparlare male di tutti, per altri a chi dice le cose come stanno e come le vedono i comuni mortali quali noi siamo.
Nella speranza di aver scritto qualcosa di apprezzabile per un minimo di dibattito, cui sono sempre pronto, vi saluto tutti cordialmente. Statevi arrivederci, qua sò tiempe brutte.
Franco di Biase