Il Molise è da anni oggetto di un profondo processo di riorganizzazione del Sistema Sanitario regionale, nell’ottica del miglioramento del grado d’assistenza della propria popolazione. Una delle novità che ha caratterizzato il recente passato molisano, dunque, è sicuramente il potenziamento dell’assistenza territoriale attraverso l’istituzione di strutture intermedie e più specificatamente le Unità di Degenza a gestione Infermieristica (UDI). Inserite in un quadro più ampio, queste sono state istituite con l’obiettivo di riorientare l’offerta sociosanitaria, tarandola sempre più sulle risposte alle persone affette da patologie cronico-degenerative che devono essere trattate al di fuori degli ospedali. Una determinante importante, che ha innescato un’embrionale ma incontrovertibile modificazione culturale, è stata il cambio di paradigma: una forte deospedalizzazione a favore dell’istituzione di Strutture territoriali intermedie, capaci di poter arricchire l’offerta sanitaria attraverso i Distretti e di proporsi come centri attrattivi per la cura di patologie che non necessitano di cure ospedaliere. Il miglioramento, fino al raggiungimento degli obiettivi generali, è testimoniato anche dal progressivo incremento degli indicatori della griglia dei Livelli Essenziali di Assistenza. L’ultimo punteggio certificato dai Ministeri è infatti di 167, obiettivo storico per il Molise poiché da sempre classificato come Regione inadempiente in termini di erogazione dei LEA. Le UDI regionali si configurano come un “modulo organizzativo” e costituiscono una delle soluzioni previste per riqualificare la rete dell’offerta ospedaliera e territoriale in senso orizzontale, secondo differenti livelli d’intensità di cura/complessità assistenziale in funzione del bisogno di assistenza richiesto dall’assistito in carico. Ad oggi infatti, a 24 mesi dall’inaugurazione delle Strutture di Larino e Venafro, inserite all’interno degli Ospedali di Comunità e che sono parte integrante dei Distretti di Termoli e Isernia diretti rispettivamente da Giovanni Emilio Giorgetta e da Lucio De Bernardo, sono in tanti i pazienti che hanno usufruito, con un ottimo grado di soddisfazione, delle prestazioni infermieristiche.
Tra le peculiarità del modello di degenza infermieristica regionale vi è il compito di favorire l’integrazione tra strutture ospedaliere e territoriali, oltre che la condivisione di risorse al fine di assicurare la continuità assistenziale, limitando gli ingressi a carattere definitivo in strutture residenziali, legati all’insorgenza di difficoltà familiari e sociali o alle difficoltà di gestione delle mutate condizioni fisiche e funzionali dell’anziano dopo un’evenienza acuta. L’UDI ha la mission di favorire un’appropriata gestione del ricovero ospedaliero fornendo un’alternativa di cura e assistenza per pazienti post-acuti o per soggetti con patologie cronico-degenerative in fase di riacutizzazione. Inoltre, nell’ottica di ridurre le giornate di degenza ospedaliera inappropriate attraverso il monitoraggio dello stato clinico generale dei pazienti con patologie cronico-degenerative e con casi sociali, consolidando i risultati terapeutici ottenuti nel reparto ospedaliero per acuti, l’UDI lavora funzionalmente con i Distretti di Termoli ed Isernia, per prevenire le complicanze e favorire il recupero dell’autonomia, in un’ottica di rientro a domicilio, o di ricorso a forme assistenziali territoriali e residenziali. Dalle evidenze prodotte nei 24 mesi risulta innegabile che i pazienti che hanno usufruito dei ricoveri e delle prestazioni infermieristiche ambulatoriali, se non ci fosse stata una struttura per le cure intermedie, avrebbero “appesantito” l’attività dell’intera rete ospedaliera regionale. Infatti i dati dimostrano che nell’UDI di Larino sono trattati principalmente pazienti provenienti dall’Ospedale di Termoli, e in quella di Venafro pazienti provenienti dall’Ospedale di Isernia. Quindi non è azzardato affermare che le UDI sono una barriera anche all’inappropriatezza, che tanto fa male al Sistema ma ancor di più all’utenza. E queste strutture, a due anni dalla loro attivazione, sono diventate uno strumento per fronteggiare le liste d’attesa, argomento oggi agli onori delle cronache dopo l’approvazione del nuovo Piano nazionale. L’ulteriore novità è rappresentata dal fatto che l’UDI, che è area di cura a bassa intensità clinica di tipo intermedio dotata di posti letto funzionali, è gestita da personale infermieristico, che in collaborazione e con la supervisione delle Direzioni di Distretto, ha la responsabilità organizzativa di 20 posti letto, a Larino così come a Venafro. Una novità nella novità, e cioè l’infermiere che conquista finalmente uno spazio di responsabilità sinora sempre avuto ma mai del tutto riconosciuto in ambito territoriale. Responsabilità che con coraggio e soddisfazione la professione infermieristica locale si è caricata, anche per alzare ulteriormente gli standard assistenziali regionali, puntando sulla valorizzazione e sull’apporto tecnico, scientifico ed organizzativo dei diversi professionisti, aumentando il grado di risposta ai bisogni di salute della popolazione e più specificatamente di quelle persone che non necessitano più di cure ospedaliere, ma che non sono ancora gestibili a domicilio. In un quadro dinamico di trasformazione dell’intero modello, poi, la Regione attraverso la Direzione generale per la Salute, tramite un percorso collaborativo tra Istituzione, ASReM, Ordini dei Medici e delle Professioni Infermieristiche, ha promosso una “valorizzazione innovativa” sperimentale, in termini anche prestazionali ed economici, all’attività e alle prestazioni effettuate presso le UDI. Il modello molisano dell’UDI, alla luce dei risultati sinora raggiunti e già descritti, si pone oggi come esperienza riproducibile e replicabile anche in altri contesti, tant’è vero che sono tante le Regioni che guardano a questo esempio come possibile applicazione nella loro organizzazione distrettuale. E da questo punto di vista, sono già pronte le innovazioni per il prossimo futuro, già discusse con la Regione e con i cittadini, che vedranno il potenziamento dell’ambulatorio infermieristico e l’attivazione della figura dell’infermiere di comunità. Il traguardo è quello di poter offrire una sanità quanto più all’insegna della valutazione e della presa in carico multi professionale, per rispondere non solo ai problemi di tipo sanitario ma anche a quelli sociosanitari e, contemporaneamente, creare l’anello di congiunzione tra l’ospedale ed il territorio affinché i cittadini siano seguiti non solo durante il ricovero, ma soprattutto una volta dimessi dai reparti per acuti, in collaborazione con tutti i professionisti sanitari, con l’organizzazione regionale e con la rete della medicina generale.