di Massimo Dalla Torre
Non so quanti di voi ricordano il refrain di una delle più belle canzoni di Gino Paoli; almeno crediamo che l’abbia scritta lui e, se non lo ha fatto, è frutto di uno dei cantautori della scuola genovese. Un ritornello che abbiamo preso in prestito quale titolo, per cercare di capire e di conseguenza analizzare, cosa spinge un politico a disconoscere il proprio credo e il mandato affidatogli dall’elettore, traslocando “armi e bagagli” dalla parte avversa.
Manovra che lascia esterrefatti e sconcertati chi ti ha dato fiducia affinché rappresentasse le proprie esigenze nei palazzi che contano; forse, aggiungiamo noi. Un ritornello che molti in questi giorni ripetono in maniera assillante a dimostrazione che la misura è colma. Uno stato di saturazione dettato dagli atteggiamenti e dalle azioni messe in atto da chi “indisturbato ospite” ha intenzione di abbandonare le proprie posizioni per passare alla parte avversa o nemica, come si suol dire, sempre che si tratti di nemico, di cui dubitiamo fortemente, perché in politica nessuno è nemico, ma neanche amico.
Uno sbandamento che, leggendo i giornali o ascoltando le interviste televisive, appare palese tant’è che mostra come, chi si è perigliato a mettere in atto manovre “bislacche”, concedeteci l’aggettivo, fin dalla candidatura, come recita un detto, “con un occhio friggeva il pesce e con l’altro guardava la gatta”; nel senso che se ha agito come ha agito, o agirà a breve, vuol significare che già meditava di cambiare campo e il credo abbracciato è servito unicamente quale “pass-partout” per entrare nel parterre di quelli che contano; ecco perché la sfiducia da parte della gente.
Una sfiducia nata soprattutto dai possibili avvenimenti che scompiglieranno le carte in vista delle prossime elezioni comunali nel Capoluogo di regione. Salti con o senza l’asta, sicuramente comprometteranno, quelli che sono gli equilibri che regolano la vita dei palazzi della politica nella sonnacchiosa provincia molisana. Commentando i fatti che, tra l’altro non ci appassionano, anzi ci disgustano, perché mostrano come l’uomo è attaccato alla poltrona e non all’idea, ci siamo convinti che il “mercimonio” non è attuato da chi ha necessità di arrivare alla fine del mese perché non riesce a calmierare le spese, non quelle superflue, bensì quelle necessarie, ma da chi è attratto “dall’orto del vicino” che, come succede in questi casi, è sempre più rigoglioso e che, accortosi dell’interessamento mette in mostra ancora di più i suoi prodotti, con la speranza che prima o poi l’interessato valichi il confine.
Un detto, che si adatta benissimo ai fatti che stanno caratterizzando e vivacizzando quest’ultimo scorcio di stagione politica nel Molise, dove, tra l’altro, è in atto una battaglia tra “titani” appartenenti alla stessa compagine. Titani, e qui è l’assurdo, che cercano di accaparrarsi più truppe immaginabili; chissà poi cosa ne faranno! Una sorta di arruolamento come quello effettuato nell’America della grande epopea western che vedeva campeggiare sui muri i manifesti con la frase “I want you”. Frase proferita da un personaggio che aveva le sembianze del capo della casa bianca, che portava sulla testa un cilindro a stelle e strisce che, con il dito puntato verso chi si soffermava a leggere, invitava a dare il proprio contributo alla causa.
La quale, si prefiggeva di difendere chi non aveva la possibilità di farlo. Peccato che la maggior parte delle volte non si facesse in tempo ad arrivare al fronte che, un colpo di fucile o di cannone o un’imboscata del nemico, metteva fine alle velleità di difesa in nome di una fantomatica libertà dietro di cui si celavano interessi pur di conquistare il potere. Fatti e avvenimenti che appartengono al passato, anche se le imboscate continuano e il numero delle vittime è sempre più elevato.
Una guerra con caratteristiche simili a quelle con una unica variante: la coscienza era padrone delle azioni e “prima di vedersi l’anima” ci si pensava; ma quelli erano altri tempi e i personaggi non erano come quelli di oggi che, pur di ottenere qualcosa, come fece Faust, sono disposti a firmare il patto, non con il demonio, perché atto anacronistico, bensì con chi ne sa una più del “signore degli inferi” che ha eletto come suo domicilio il Molise ammaliando le varie anime siano essi politici o non politici con miraggi e promesse che prima o poi svaniranno perché frutto esclusivo di macchinazioni di cui chi siede al centro dei “gironi” è signore incontrastato.