di Massimo Dalla Torre
Abbiamo voluto che passassero le ore prima di scrivere queste poche cose, forse senza
senso, perché ci sono notizie che non vorremo mai commentare specialmente se
riguardano la scomparsa di un collega. Dipartita che è arrivata inaspettata e che ti priva
dell’indirizzo di chi ha condiviso con te la passione per questo lavoro. Un qualcosa che, se
non si ama profondamente, non si comprende, nonostante permette di conoscere uomini e
cose e dopo un primo momento di adrenalina pura ti lascia il vuoto dentro e costringe a
voltare pagina e ad andare avanti anche se con riluttanza. Una pagina che, in questo
caso, se dipendesse da noi, sarebbe meglio non riempire perché le parole si affastellano
nella mente tanto da non permettere di mettere nero su bianco; eppure bisogna farlo per
ricordare chi ha condiviso ideali, gioie e amarezze cercando di dare una spiegazione
anche alle cose più inusitate. Questa no. Questa non volevamo scriverla: la scomparsa di
Giovanni Minicozzi uomo prima di essere un giornalista DOC che abbiamo apprezzato per
la sua preparazione e per come si porgeva all’ insidioso mondo dell’informazione. Per
questo è difficile dover scrivere di lui perché significa scrivere di chi non si è mai fermato
davanti a nulla anche se sapeva di attirare le critiche dei cosiddetti “opportunisti” che, nel
mondo arcaico della notizia, pullulano e rendono arduo e difficile il lavoro di cronisti
soprattutto di provincia. Fortunatamente Giovanni si è contraddistinto dagli altri. Per anni ai
vertici anche del sindacalismo regionale è stato il fautore di un nuovo modo di fare
giornalismo, dando vita nelle emittenti locali a programmi di spicco che lo hanno posto al
primo posto del giornalismo molisano, perchè Giovanni conosceva, il difficile lavoro
dell’informazione tanto da mettere in risalto la notizia osando ma senza mai varcare il
limite di guardia. Questo era Giovanni. Ora che non abbiamo più il privilegio di confrontarci
e parlare con lui sempre munifico di consigli siamo sicuri che ha risposto senza esitazione
all’ editore con la “E” maiuscola cui prima o poi dovremo dare conto per il nostro operato
umano; ecco perché é difficile andare avanti anche se siamo sicuri che nella redazione in
cui è ora continuerà a porre l’attenzione che metteva ogni qualvolta si chiedeva il suo
parere. Ciao Giovanni, grazie di averci porto il braccio e permesso a tutti noi di essere
partecipi di un qualcosa che hai costruito con professionalità perché, anche se sapevi che
la strada era difficile da percorrere, hai reso il cammino agevole e sgombro da insidie cosa
che non fa abbandonare la passione per il giornalismo.
“CIAO GIOVANNI”, il ricordo di Massimo dalla Torre
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