Campobasso città giardino ma soprattutto città tranquilla. Questo era, perché ora non lo è più, il tratto che distingueva il capoluogo del Molise. Una città che, dopo un primo impatto che poteva sembrare negativo, una volta conosciuta e vissuta, per il tessuto sociale pulito, difficilmente si dimenticava, anzi c’è stata gente che si è stabilita in città senza nessun ripensamento. Oggi, tutto questo, è un ricordo lontanissimo affidato a quelli che hanno i capelli grigi che, con nostalgia, parlano di Campobasso di un tempo avvolta dalle nebbie del tempo. Le quali, una volta svanite in maniera surreale, mostrano situazioni di cui bisognerebbe vergognarsi, ci riferiamo alla questione “Via Matris” che, dopo un primo tentativo di “restyling” versa nuovamente in condizioni di abbandono, come palesato dalle fotografie postate da un cittadino su di un social net-work che, meriterebbero di essere commentate usando un linguaggio poco elegante. Fotografie che lasciano senza parole perché, nell’assurdità della situazione, fanno gridare allo scandalo. Senza voler colpevolizzare nessuno, anche se da cittadini e operatori dell’informazione è nostro dovere portare all’attenzione degli amministratori situazioni che hanno dell’inverosimile, come nel caso di specie, ci piacerebbe capire perché accadono queste cose e perché non si riesce a colpire l’autore o gli autori materiali di tali atti.
Cose che si materializzano nello sconcerto più disarmante specialmente quando ci si ferma dinanzi al degrado che si vede nella parte laterale l’antica chiesa di San Giorgio l’abbandono di bicchieri di carta, lampadine e portalampade e altro ciarpame dove le scritte e i disegni poco intellegibili fanno bella mostra. Degrado che non permette di poter avere un angolo cittadino in cui l’appellativo di “città giardino” fino a qualche anno fa trovava pieno fondamento. Il tutto a testimoniare come gli interventi annuali delle organizzazioni che si occupano di salvaguardare l’ambiente sono vanificati rendendo gli accessi e la strada che s’inerpica fino alla sommità dei monti non piacevole da vedere e tanto meno da percorrere. Percorso che permette di raggiungere il castello Monforte altro simbolo cittadino anch’esso in semi “quiescenza”. Simbolo salvato solo dal panorama che fa spaziare l’occhio a trecentosessanta gradi sulla città, magari visitando il sagrato ai caduti della grande guerra e la stazione meteorologica dell’aereonautica militare che attrae, si fa per dire attrae, l’attenzione di qualche visitatore che conosce Campobasso perché negli annunci radiofonici riguardanti le condizioni meteo climatiche si parla di Campobasso-castello Monforte.
Cose che evidenziano come il tessuto cittadino registra distonie e malessere tant’è che la fruibilità di questi beni è divenuta quasi un optional. Parola che, invece, deve far pensare attentamente a quello che accade che, se non arginato in tempo, le avvisaglie ci sono tutte, può innescare una reazione incontrollabile da parte di chi non si riconosce assolutamente in questa situazione che rischia di vedere la città colorarsi sempre più di nero colore del menefreghismo, sostantivo maschile che indica atteggiamento ostentato di non interesse rivolto verso una cosa che non è certamente Campobasso quella con la C maiuscola e non minuscola.
Massimo Dalla Torre