A Campobasso ed in altre tre città pilota (Roma, Milano e Firenze) già da tempo è in atto il progetto “A.N.I.A. Cares” che ha lo scopo di fornire assistenza psicologica alle vittime di incidenti stradali e ai loro familiari. Si tratta del primo pronto soccorso psicologico per le vittime di incidente stradale. In queste quattro città, tra le quali appunto Campobasso, vi sono cento psicologi messi a disposizione 24 ore su 24 per garantire assistenza anche nel tempo. Il pronto soccorso è gratuito e si può ottenere telefonando ad un numero verde ( 800893510).
Si tratta di un progetto unico a livello mondiale ed i relativi manuali operativi sono stati messi a punto da esperti internazionali. Attraverso l’elaborazione di un protocollo di intervento innovativo per l’Italia, si mette a disposizione di chi ne ha bisogno un aiuto qualificato per reagire dopo un incidente stradale, superando le conseguenze psicologiche per danni fisici permanenti o per la perdita di una persona cara.
Oltre al protocollo terapeutico, il progetto prevede la formazione di tutte quelle figure professionali che, a vario titolo, hanno contatti con le vittime di incidenti stradali e i loro familiari: dalle forze dell’ordine che intervengono al momento dell’incidente, passando per i medici legali ed i liquidatori assicurativi. In tal modo viene realizzato un approccio integrato ma differenziato rispetto agli ordinari momenti di contatto con le vittime.
Nella provincia di Campobasso la Sala Operativa della Polizia Stradale ha già attivato il citato protocollo nei recenti casi di incidenti mortali. La fase operativa del progetto ha avuto inizio nel 2017: ” A.N.I.A. Cares è un progetto importante e unico – spiega da parte sua Anna Maria Giannini, professoressa ordinaria dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile scientifico del Progetto ANIA Cares – risponde ai bisogni delle vittime dirette e indirette della strada. Il termine pronto soccorso psicologico che descrive il nostro modello è qualcosa di più complesso: è accoglienza, è ascolto, è accompagnamento, è mettersi a disposizione per percorrere con le vittime quel tratto di strada che le metta in condizione di iniziare a una elaborazione di quanto accaduto e previene la vittimizzazione secondaria, cioè quel tipo di vittimizzazione che occorre nel momento in cui si viene trattati in modo non rispettoso dei propri bisogni e quindi si aggrava l’impatto traumatico“.