Nello svolgere attività giornalista periodicamente ci imbattiamo in alcuni problemi di difficile soluzione e altri che sembra che nessuno voglia risolvere; poi ci sono quelle questioni che sembrano essere sempre ad un passo dalla soluzione e poi tornano in un limbo indistinto, in quella che potrebbe essere definita la ‘non soluzione’, nel senso che che tutti dicono come fare per risolvere la questione e poi nessuno lo fa.
A Campobasso un problema che periodicamente si ripropone, con tanto di conferenza stampa, annunci e avvio di procedure, è quello della raccolta differenziata: un cerchio preciso, degno di quello di Giotto, che però non si chiude mai. Il servizio è andato avanti per gradi, lentamente negli anni, con difficoltà sempre evidenti a carico di più di un’amministrazione civica, a prescindere dal colore politico. Poco fa è stata annunciata l’attivazione del servizio nella Zona industriale, uno dei tasselli che mancava ancora; ma, come detto, il cerchio neanche questa volta si è chiuso, nel senso che un’ampia fetta della città, la zona che va dal centro a Vazzieri, è ancora ferma al palo. Sono passati veramente tanti anni, troppi e non si capisce come mai il servizio non sia stato completato in una città, che certo per il Molise ha certe dimensioni, ma non è né Roma, né Milano. Resta anche da capire perché, quando si parla di questa zona, agli annunci non seguano mai i fatti o almeno seguano con il contagocce. Ricordiamo solo l’ultimo passaggio temporale di quella che sembra essere una storia infinita.
Nel capoluogo di regione da oltre due anni è stato effettuato il ritiro dei bidoni dell’umido nelle zone dove ancora la differenziata ‘porta a porta’, o meglio condominiale, non era stata effettuata; allora si disse che la misura sarebbe stata transitoria e che nel giro di alcuni mesi si sarebbe provveduto a risolvere il problema. Il lockdown dello scorso anno e i rallentamenti della macchina burocratica cittadina conseguenti la questione potrebbero essere solo una parziale motivazione o giustificazione dello stop, ma a questo punto non ne giustificano lo stato di stallo attuale visto che da allora del tempo è passato e le restrizioni e le difficoltà sono diminuite. Fatto sta che i bidoni per la raccolta ‘porta a porta’ ancora non si vedono in queste zone della città e francamente non se ne capisce il motivo. La gente continua a conferire l’umido nel secco, perché non c’è alternativa; ma è una situazione poco corretta anche dal punto di vista ambientale le cui manchevolezze iniziano a pesare nell’immaginario collettivo, come pesano le mancate risposte dalla parte politica, da quella attuale alle altre a ritroso nel tempo.
I dubbi si trascinano da anni, a partire dal finanziamento milionario in capo al Comune di Campobasso, che avrebbe dovuto portare alla soluzione del problema e di cui non si sa molto pubblicamente, fatta eccezione per le foto con le cataste di bidoni nuovi (proprio quelli dell’umido che mancano in alcune zone della città) che anni addietro sono state ripetutamente pubblicate a dimostrazione dell’investimento: ma eccetto ciò nulla altro è dato sapere sullo stato dell’arte. Se fosse stato ancora in vita Dario Fo su una questione del genere avrebbe sicuramente elaborato il il ‘sequel’ del ‘mistero buffo’; ma aldilà del grande valore del compianto artista e dell’opera, per la città di Campobasso non sarebbe stata una buona notizia.
Stefano Manocchio