Il 5 luglio del 2014 il Santo Padre Papa Francesco atterra in Molise, uno dei suoi primi viaggi in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e Cassano all’Jonio (CS), La visita pastorale di papa Francesco in Molise ha lasciato una grande eredità spirituale, sociale e culturale. Cinque sono stati i discorsi pronunciati il 5 luglio 2014. Una eredità, la testimonianza e le parole del Pontefice, che ha conquistato tutti, ma che merita di essere assimilata, maturata e diffusa per un rinnovato dono ad una terra, il Molise, ricca di risorse. Lo spopolamento e la disoccupazione non certo favoriscono la crescita di questa piccola regione ma la sua terra fertile, le aree interne, i paesaggi possono essere plasmati e corroborati dalla forza trainante e stimolante del messaggio che il Pontefice ha donato al Molise a partire dai temi del lavoro, all’ecologia, alla disoccupazione, alla solidarietà ed alla Misericordia “La Profezia per un Mondo Nuovo” (discorso papa Francesco, 5 luglio 2014). Sorprendente, all’indomani della visita in Molise, è stato l’inaspettato messaggio Angelus in Piazza san Pietro il 6 luglio 2014 «Vorrei salutare in modo particolare tutta la brava gente del Molise, che ieri mi ha accolto nella loro bella terra e anche nel loro cuore. E’ stata un’accoglienza calda, calorosa: non la dimenticherò mai! Grazie tante». Papa Francesco ha voluto ringraziare il popolo molisano il quale, con la freschezza di quella giornata, restituirà tale dono con il segno del ricordo. I prossimi 21 e 22 settembre c.a. prima a Campobasso poi a Castelpetroso, dove si raccolsero circa trentamila giovani nella spianata della Basilica dell’Addolorata, Patrona del Molise, l’arcidiocesi di Campobasso – Boiano ricolloca il ricordo nei due siti con appositi momenti di preghiera di gioia e di festa con i giovani.
La testimonianza del Santo Padre è eredità di amore cristiano, un amore che riceve gratuitamente e in ogni occasione ha la capacità di ringraziare. Papa Francesco in più occasioni ha detto che la famiglia, “la grande famiglia dell’umanità” deve saper pronunciare tre parole “permesso, grazie e scusi”. Il Molise è una terra dove queste tre parole ancora esistono, radicate in una cultura dal sapore della terra e dell’ingegno. Il Santo Padre, con il suo ringraziamento ha voluto, ancora una volta, ricordarlo a tutti.
La cronaca. Alcuni momenti significativi di quella visita, 5 luglio 2014: i gesti, le parole, i segni.
Una parola di speranza: l’avevano auspicata alla vigilia i vescovi, l’avevano chiesta con forza qualche giorno prima gli operai delle aziende in difficoltà, e l’hanno ribadita al primo incontro all’Unimol. La Sua parola non ha deluse le aspettative. E dal Molise, terra di periferia e di emigranti, Francesco rilancia la sua “campagna” per la dignità del lavoro e dei lavoratori. Lo fa consapevole di trovarsi in un territorio che vuole guardare al futuro con speranza, forte di antiche tradizioni e dalle salde radici cristiane. E con una Chiesa che, nonostante gli attacchi del secolarismo, resta punto di riferimento per molti, e sempre in prima linea nell’accoglienza e nella carità. Il Molise che si è presentato al Papa è stato, dunque, quello preoccupato per molti problemi, ma animato da tanta buona volontà e voglia di ripartire.
Tra i discorsi del Pontefice – che ha abbandonato spesso il testo scritto per aggiungere a braccio, riallacciandosi a quanto aveva ascoltato –più volte è stato interrotto dagli applausi. E alla fine, il Papa ha sorpreso quando ha raccontato un episodio che lo legava in qualche modo a questa regione. “Quando io ero Provinciale dei Gesuiti – ricorda – c’era bisogno di inviare in Antartide, a vivere lì dieci mesi l’anno, un cappellano. Ho pensato, ed è andato uno, padre Bonaventura De Filippis. Ma, sapete, era nato a Campobasso, era di qua!”. Subito dopo la Santa Messa con la diretta TV nella distesa dell’ex campo sportivo Romagnoli nel centro della città che raccolse circa 50mila partecipanti e 500 giornalisti accreditati per l’evento di Papa Francesco in Molise.
Altare. La forma rievoca un’originale capanna di canne, a rappresentare un pezzo di storia del Molise: la transumanza dei pastori con le loro greggi, che per oltre un millennio ha fatto prospere e ricche queste colline; quasi “come una Chiesa in cammino — disse l’arcivescovo Bregantini — che ben conosce l’odore delle pecore e ne condivide tutte le difficoltà e fragilità”. Il trono e le sedie dei concelebranti sono realizzate in cartone pressato, materiale povero, con una tecnica particolare. Al centro del palco che ospitava l’altare il paliotto frutto del lavoro degli ospiti della comunità terapeutica La Valle, con una scultura realizzata da Maurizio, un immigrato nordafricano: raffigura un giovane che sta precipitando nel baratro della droga, dell’alcol, della precarietà lavorativa e che invoca disperatamente un aiuto; aiuto che arriva con le sembianze di Papa Francesco. A un lato del palco è stata posta la statua lignea della Madonna della Libera, venerata dal 1412 nel vicino santuario di Cercemaggiore. Con il Papa concelebrarono gli arcivescovi Becciu e Gänswein, monsignor Bregantini, altri presuli della Conferenza episcopale di Abruzzo e Molise, il vescovo presidente della Caritas italiana Giuseppe Merisi, e circa duecento sacerdoti provenienti dall’intera regione. Così come molti sindaci della regione, riconoscibili dalla fascia tricolore. La liturgia — animata dal coro unitario delle parrocchie della diocesi di Campobasso e Boiano, e da un’orchestra di ottoni e organo, diretti da don Giuseppe Graziano, direttore dell’Ufficio diocesano di musica sacra. Nell’omelia il Papa ha sottolineato che nulla è più importante della dignità umana. Un messaggio chiaro: egli parla alle genti del Molise, ma il suo pensiero va oltre i confini di questa regione per raggiungere tutti quei luoghi nei quali alla dignità della persona umana si antepongono interessi diversi, anche se importanti. C’è bisogno di un supplemento d’anima perché si possa guardare al futuro con speranza, soprattutto di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, in particolare di fronte alla disoccupazione, definita una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti.
Al termine della celebrazione monsignor Bregantini rivolse un indirizzo di saluto al Papa. É un ringraziamento sentito, affettuoso per il grande dono della sua presenza. “Lei ha scelto una terra poco visitata, ma ora ha conosciuto questo popolo, mite, cordiale in una regione bella, dalla cultura vivace, con chiese curate, paesi lindi, dalle colline dove si gusta il sapore del grano e del pane, benedetto dalla fatica dei contadini e dal profumo delle stalle”. L’arcivescovo parla di cultura della solidarietà e testimonianza della carità per vivere nella libertà, vincendo egoismi, rivalità, sfiducia, tutto ciò che si definisce come grigiore esistenziale.
L’Addetto Stampa – Rita D’Addona