Campobasso è una città che sta crescendo, forse non troppo bene, tra mille contraddizioni: il centro si fa bello e la periferia degrada, la città si modernizza ma la raccolta differenziata va a tentoni e non si concretizza in buona parte del territorio, il traffico è irregolare e il verde attrezzato è ancora troppo poco in rapporto ai normali criteri di vivibilità dell’era moderna. Si cerca di lavorare sulle aree esistenti piantando nuovi alberi: è giusto ma ancora troppo poco, soprattutto in prospettiva. Ora, come se non bastasse, stiamo assistendo forse alla ‘ciliegina sulla torta’ (è ironico). I tanti automobilisti di passaggio nella zona del Terminal hanno notato e anche segnalato la presenza, a lato del sovrappasso pedonale, di pilastri e strutture in ferro che sembrano cozzare con quelle esistenti, che già di loro non hanno una grossa misura estetica. Si tratta di quella che dovrebbe essere l’opera di completamento del sovrappasso stesso, quella in grado di portare alla stazione di pullman gli alunni che adesso affrontano un attraversamento pedonale pericoloso e che poi, collegandosi al sovrappasso preesistente, potranno arrivare direttamente in Via Mazzini.
Orbene tranne i pilastri, che immaginiamo siano quelli definitivi, il resto è una sorta di armatura per il momento depositata a terra, ma che non fa presagire nulla di buono; ha l’aspetto di una struttura militare, di quelli che il Genio utilizzava in tempi di guerra per le costruzioni di ponti provvisori per il passaggio delle truppe motorizzate.
La zona di via Vico è a ridosso del centro ed è stata fatta oggetto di costruzioni imponenti, anche se, ad onor del vero, di buona fattura costruttiva con utilizzo di materiali anche di qualità; ma il peccato originale resta ed è rappresentato dagli svincoli senza zone di fuga e di emergenza, che hanno reso passaggio obbligato la costruzione di quel budello in cemento, che forse si voleva nelle buone intenzioni ispirare ai ‘tubi’ del Beaubourg, senza averne né le fattezze né l’aspetto. Ora proprio quel sovrappasso rispetto al resto posato in opera in terra sembra chissà che cosa; non per meriti propri ma per demerito della seconda opera in costruzione.
Ci piace credere che il risultato finale sarà diverso e possiamo capire che la costruzione sia in ferro, ancora non trattato, perché meno invasiva di quella in cemento. Allora auspichiamo una progettazione che trovi soluzioni per migliorarla, casomai colorando degnamente l’armatura o completandola con rifiniture di miglior livello; si tratta di salvare il salvabile, perché il danno estetico è fatto ed è anche ingente. Lo diciamo anche per non vederci sempre essere costretti a dire che la Campobasso di un tempo era tutt’altra cosa; affermazione scontata ed evidente e che dopo questa ennesima contestabile costruzione potrebbe diventare una verità assoluta.
Stefano Manocchio