Il processo di digitalizzazione ha portato varie modifiche nel mondo dell’informazione e della comunicazione in generale; da un lato è aumentata a dismisura l’offerta di contenuti, in maniera tale adesso da ‘riempire le giornate intere come si dice ‘h24’ e da creare distrazioni, potendo spaziare da un canale all’altro e da un argomento all’altro praticamente all’infinito, mentre dall’altro si è ristretto sempre più il campo dell’informazione tradizionale, quella fondata solo sulla televisione ed i giornali cartacei. A far aumentare ancora la distanza ci hanno pensato i social, che permettono a chiunque di proporre qualunque notizia o contenuto ed in qualunque momento e di scrivere, a volte anche in assenza di professionalità; ma che non devono essere demonizzati, perché hanno anche contribuito a rendere accessibile l’informazione ad una massa di persone che prima ne erano escluse ed hanno appunto una funzione ‘sociale’.
In Molise la trasformazione è avvenuta come sempre in ritardo, accompagnata da una crisi economica senza precedenti per portata e durata. Equilibri consolidati sono crollati: basti pensare che a cavallo del 2000 in regione c’erano tre quotidiani cartacei ad ampia foliazione, oltre alle ‘storiche’ pagine locali del giornale romano e quelle di qualche altro giornale con durata di pubblicazione minore, mentre adesso l’unico cartaceo giornaliero ad ampia foliazione testimonia un mercato ridotto, ma ancora possibile, a patto che ‘ne rimanga uno solo’.
A questo punto le edicole non sono più diventate un’attività remunerativa, fatta eccezione per i centri maggiori e i posti migliori. Campobasso ne è un esempio triste: hanno chiuso in tanti i battenti tra gli edicolanti e purtroppo continuano a farlo, portando via usi e tradizioni consolidate (la lettura del quotidiano, le figurine per i bambini, la raccolta a fascicoli e, per chi li aveva, qualche piccolo giocattolo). Con loro è come se fosse andata via una parte della memoria e quelle che rimangono sono quelle ‘storiche’, che generalmente possono vantare ubicazione centrale (come le due nel cuore del capoluogo di regione) oppure lavorano in regime di esclusiva in quartieri molto popolosi.
Mi è capitato di vedere, fuori da Molise, come le edicole in parte siano riuscite a reggere il peso della crisi, trasformandosi e diventando una serie di emporio (edicola, tabacchino, sala giochi, spazio per servizi telematici e a volte anche bar con piccola paninoteca); veri e propri spazi culturali, anche con qualche tavolo per dedicarsi alla lettura e rinfrancare la mente. La salvezza passa per la diversificazione: anche stavolta toccherà ai giovani sfruttare l’idea innovativa. Non sostituiranno mai il vecchio chiosco, ma alimenteranno l’illusione, in noi ‘anzianotti’ che questo da qualche parte esista ancora.
Stefano Manocchio