Parlare di Giorgio Palmieri e doverlo fare in una cerimonia che lo commemora è per me motivo di grande dolore. Quel dolore che unisce chi lo conosceva e lo stimava, chi oggi è qui, in questa sala, per ricordarlo come quando era pronto a raccontare di noi, di questa terra che ci lega e ci accomuna. La perdita di una persona cara è sempre un evento drammatico che causa profonde lacerazioni. Provoca distacco e una sensazione di vuoto che aumenta di giorno in giorno, perché l’assenza si allarga a dismisura soprattutto se la persona che non c’è più era una figura di spessore. E Giorgio Palmieri lo era. Spessore che ha tramutato in amore e impegno. Quell’impegno e quell’amore che metteva nel lavoro quotidiano, nel suo essere appassionato divulgatore, attento e sensibile sostenitore della molisanità. Antesignano della moderna promozione che coniuga la cultura al territorio e il territorio alla sua gente. La grandezza di un luogo passa per la storia del suo popolo, della comunità che lo abita. Un concetto chiave, per tanti ancora incomprensibile, ma che Giorgio Palmieri aveva intuito bene, così bene che proprio alla storia e alla cultura ha dedicato la vita. Non era solo un lavoro il suo. Era passione, una immensa passione che lo ha portato ad esplorare campi che non erano mai stati esplorati prima, a scrivere pagine mai scritte prima. Intuizione, ma anche tenacia e curiosità le sue armi vincenti, accompagnate dai studi e da approfondimenti meticolosi, continui, alla ricerca di dettagli, di aneddoti, capaci di arricchire o di far comprendere meglio quanto ci circonda, di analizzare la realtà e guardare oltre la siepe. Con il suo lavoro Giorgio Palmieri ci ha portati e ci porta con lui in un viaggio alla scoperta di noi stessi. Un viaggio mai banale, ricco di stimoli e di riflessioni per farci prendere coscienza dei luoghi in cui viviamo, delle nostre radici. Un viaggio per nulla scontato bensì avventuroso, carico di emozioni, che sapeva rendere ancora più accattivante con quel suo personalissimo modo di trattare tematiche a noi così vicine. Giorgio Palmieri era innamorato di questa terra e per questa terra ha lavorato fino alla fine. La sua scomparsa così prematura, drammatica ed improvvisa è avvenuta proprio mentre presentava i sette volumi di Eduardo Vincenzo Gasdia che aveva promosso e a cui aveva dato il suo preziosissimo contributo. Ma sono tante le opere che portano la sua firma. Non posso, da sindaco di Campobasso, non ricordare il cofanetto su Campobasso che, nel 2008, ha curato insieme a Renato Lalli e Norberto Lombardi. Tre tomi che miravano a creare una maggiore consapevolezza sul cosa si è e sul dove si vuole arrivare. Punti cardinali su cui Palmieri ha lavorato molto, perché è stato uno dei più grandi ambasciatori contemporanei dell’essere e del saper essere molisani tra pregi e difetti. Ha colto e coltivato la nostra semplicità d’animo, la convivialità culturale e quella comunicazione che, seppur non sempre lungimirante, si specchia nella purezza e nella trasparenza di questa terra e di chi la abita. In lui risiedevano conoscenza e consapevolezza della realtà che ci circonda, come pure delle nostre potenzialità e dei nostri limiti. Da profondo conoscitore e da attento osservatore ha disegnato un quadro d’insieme chiaro e utile a sensibilizzare la popolazione sulla centralità del patrimonio culturale, specialmente quando questo patrimonio diventa l’elemento perno di importanti strategie di sistema che inglobano le risorse a disposizione. Patrimonio culturale che diventa anche strumento stesso di conservazione del nostro essere comunità ed elemento di sostegno allo sviluppo sociale ed economico. E lui, attraverso il suo lavoro e quello che ha svolto dietro le quinte ha contribuito non poco a far apprezzare alla comunità la propria identità fatta di tante voci e che ha il volto di più persone. Un tuffo nel passato. Un tuffo in antiche storie che ci hanno permesso di leggere in modo più critico il nostro presente, guardando in faccia ad un’attualità che è frutto di ciò che siamo stati, la somma delle righe che troviamo nelle pagine di vecchi testi, di antichi diari, la sintesi di errori e scelte che chi è vissuto prima di noi ha fatto per noi. Ecco perché è davvero un dovere dare alla cultura e alla storia il peso che meritano, così come ci ha insegnato Giorgio Palmieri. Trovare un filo conduttore, un quadro d’insieme organico che aiuti a trasformare un cittadino in un cittadino consapevole perché conoscere da dove veniamo ci evita di cadere in inutili contraddizioni. Giorgio Palmieri è stato sempre in prima linea per restituire alla cultura centralità ed autonomia che in una piccola realtà come quella molisana si fanno ancora fatica a cogliere. Un impegno, e gliene siamo immensamente grati, che ha richiesto intuizione e spirito di iniziativa ma che ha saputo insegnarci a non essere secondi a nessuno e a toglierci dalle spalle quel marchio che ci relegava a figliastri di una cultura con la C maiuscola che qui sembrava non potesse esistere. Anche grazie a Giorgio Palmieri siamo diventati protagonisti di un racconto corale scritto a più mani e che lui ha rielaborato e ordinato lungo un sentiero ben definito. Sentiero che ha lasciato in eredità ad uomini e donne che se vorranno potranno continuare a percorrerlo, coscienti che la conoscenza e la diffusione della rende liberi. Credo che questo sia il messaggio più interessante che ci abbia lasciato Giorgio: ricongiungere fili che sembrano spezzati, dare un seguito a storie finite sotto una coltre d’indifferenza, rispolverare figure che l’oblio ha messo in ombra. Sta a noi riappropriarci di quello che siamo e di quello che siamo stati. È il regalo più bello che possiamo fare a Giorgio affinché la sua memoria e il suo ricordo diventino solidi pilastri di quel ponte ideale che ci conduce verso l’orgoglio, l’orgoglio di essere molisani, l’orgoglio di essere campobassani.
Il sindaco
Antonio Battista
Di seguito l’intervento del presidente della commissione Cultura Giovanna Viola su Giorgio Palmieri
Giorgio Palmieri ha saputo con i suoi studi, con la sua cultura, approfondire tematiche legate a questa terra, accendere un faro su fatti noti e meno noti, dando a noi la possibilità di conoscere meglio il nostro Molise.
Quando il sindaco di Campobasso ci ha parlato, per la prima volta, dell’ambizioso progetto di riportare alla luce gli inediti del Gasdia, si intuivano le sue grandi possibilità.
Ma per raggiungere l’obiettivo, progetto importante, c’è bisogno persone disposte ad investirci, a scommetterci, di chi lavori duramente affinché le idee si concretizzino, di chi con entusiasmo creda fortemente nelle potenzialità di quel progetto.
La città di Campobasso ha trovato in Giorgio Palmieri un importante pilastro sul quale poggiare le fondamenta di un’opera completa sulla nostra storia che oggi esiste anche grazie a lui.
È stato uno degli uomini che ci ha creduto fortemente, che ha studiato per inquadrare storiograficamente il Gasdìa contestualizzando il suo lavoro. Ha avuto lungimiranza, attenzione e intuizione, doti che solo gli uomini di vera cultura hanno, riconoscendo la possibilità di racchiudere, in quei 7 volumi, come nessuno aveva mai fatto prima, una grande fetta della storia cittadina, pagine che raccontavano di noi e che portavano la firma del primo storico campobassano, perché Palmieri così definiva il Gasdia.
Come lui stesso ha ricordato nel suo intervento:
questa è un’opera che ha avuto delle vicende editoriali particolari, che solo oggi si pubblica nella sua interezza. In effetti un’opera di insieme di Campobasso non c’era…nel gennaio del 1912, il consiglio comunale di Campobasso, non riuscendovi, cerca di commissariare un’opera collettanea, modernamente collettanea.
Pone l’accento, come è stato fatto dallo stesso Gasdia, sul fatto che Campobasso è una città di antica civiltà, ma che per millenni non ha avuto una storia particolare. L’altra motivazione è il carattere, relativo alla storia culturale, all’organizzazione della cultura. Sottolinea come i campobassani stessi, il conto pubblico, non ne hanno fatto richiesta, non ne hanno sentito il bisogno. Questo è riconducibile ad una delle caratteristiche specifiche del Molise in età moderna, il policentrismo culturale. L’esempio pratico è la questione della nascita della Regione Molise e sul fatto che nasce per volontà di due non campobassani.
Abbiamo potuto ascoltare dalle sue parole, una disamina attenta e puntuale sulla nostra tradizione, riflettendo su caratteristiche intrinseche sui nostri modi di fare e di vivere. Quello che per devenni non si era riuscito a fare, portare alla luce un’opera completa sulla storia di Campobasso, è infine stato possibile perché quel progetto così delicato ed ambizioso, ha visto la luce, anche grazie alla collaborazione e alla passione di Giorgio Palmieri.
Oggi la Città di Campobasso ringrazia infinitamente l’uomo di cultura, il grande professionista, uno dei protagonisti che ha creduto nella Storia di Campobasso.
Il presidente della commissione Cultura
Giovanna Viola