di Stefano Manocchio
E’ il silenzio assordante (ossimoro quantomai pertinente ai fatti) il clima che aleggia nelle stanze del cento sinistra, all’indomani del blitz messo in atto dal polo progressista al Comune di Campobasso (ma in verità voluto e guidato soprattutto dal centro sinistra), che ha permesso di ribaltare la situazione numerica nell’assise civica grazie al salto della quaglia di due consiglieri dal centro destra all’aggregazione politica opposta.
Dopo un paio di difese d’ufficio alquanto imbarazzate, anche se dovute, è calato un ‘no comment’ spettrale, spezzato da qualche “tanto lo avevano fatto già anche nel centro destra”, detto più con intenzioni di difesa che di offesa. Grande imbarazzo misto a contrarietà soprattutto nel popolo di sinistra, quindi non quelli che lo sono solo per tesseramento, ma anche per scelta ideologica; proprio l’ultimo virgolettato li innervosisce, perché si sono ritenuti sempre ‘diversi’ da questi metodi ed il fatto che adesso li abbia utilizzati la propria coalizione non gli permetterà più di dirlo. L’occasione di poter governare il comune capoluogo è ghiotta e alla fine farà passare anche l’indigesto boccone amaro, perché da quelle parti l’interesse di partito è stato sempre prevalente sull’opinione personale.
Anche nella parte opposta, il centro destra, il fatto specifico, dopo le reazioni ufficiali, sta alimentando il dibattito clandestino. Ci si chiede come sia possibile perdere pedine in poche ore, addirittura a ridosso dell’insediamento nell’aula consiliare. Il fatto è che il polo conservatore ha mirato sempre più alla raccolta massiva di consensi piuttosto che alla fidelizzazione e questa tattica permette di ottenere numeri importanti ma a soprassedere sull’appartenenza, anche ideologica, alla sigla politica.
Gli indipendenti nelle liste fanno comodo, ma di frequente scappano via. E qualche volta accade quello che è successo a Palazzo San Giorgio, che non è frutto di accordi sporadici ed occasionali, ma di una strategia studiata a tavolino e tutto sommato ‘tecnicamente’ anche ben eseguita.
Oramai la frittata è fatta e toccherà raccogliere i cocci, prima che il senso di sconfitta e sfiducia porti ad altri esodi partitici, come pure si sente dire in queste ultime ore.
Come direbbe un compianto grande interprete della cultura nazionale: “La situazione è grave, ma non è seria”.