A chi gli era vicino diceva che “si sentiva un cadavere che cammina”. Appena 57 giorni dopo la strage di Capaci, mentre sta andando a trovare la madre, in via D’Amelio, esplode un’autobomba. Per Paolo Borsellino non c’è nulla da fare. Con lui perdono la vita cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Era il 19 luglio del 1992. Una strage che colpì al cuore l’Italia e che rischiò, in tempi così difficili, di far morire – pure in quanti come me erano giovani e speranzosi – quel desiderio di riscatto che con tenacia abbiamo invece mantenuto vivo. Sono passati venticinque anni. Un quarto di secolo servito ad abbattere un altissimo muro di omertà, a combattere vecchie e nuove mafie, a creare una cultura di libertà che si oppone, con tutte le forze, all’oppressione fisica e mentale imposta dalla malavita. In venticinque anni sono stati scritti tanti capitoli di storia, anche di storia giudiziaria, e sono stati fatti molti passi avanti per tentare di stroncare alla radice una pianta che ha seminato morte e alimentato il terrore. Venticinque anni che ci hanno permesso di capire quanto importante sia stato il lavoro di Paolo Borsellino e di quanti, come lui, hanno dato la vita per sconfiggere un male, che sembra incurabile: la mafia. Un quarto di secolo per comprendere quanto sia importante che ognuno di noi si impegni ad ostacolare e a denunciare comportamenti malavitosi. Come uomo e come sindaco di Campobasso mi attivo, quotidianamente, per trasformare questo Municipio, la casa dei cittadini, in un palazzo di vetro, trasparente agli occhi di tutti. La mia amministrazione ha sposato sin da subito la lotta contro tutte le mafie, con atti concreti, ma anche promuovendo dibatti e convegni ed entrando nelle scuole perché lì, meglio che altrove, attecchisce quel sentimento di repulsione verso l’illegalità, verso quanto non è lecito fare alla luce del sole. Crediamo e scommettiamo molto sulla formazione dei ragazzi. A loro sono diretti progetti e percorsi educativi sempre più mirati perché siamo sicuri che con le loro mani e con le loro menti libere potranno costruire un futuro migliore e perché siamo anche convinti che la figura di Paolo Borsellino, un esempio di coraggio, non venga dimenticata ma anzi contribuisca ad irrobustire le coscienze per fare di normali cittadini, cittadini modello. Quelli di cui oggi il nostro Paese ha bisogno.
Un’occasione, l’anniversario della strage di via D’Amelio, per rinnovare stima, fiducia e considerazione a chi ancora oggi lavora senza mai risparmiarsi per garantire a tutti noi un’Italia più giusta, un’Italia di vera legalità.
Antonio Battista