Trasgredendo a un impegno che c’eravamo presi di non scrivere più di politica, anche se ultimamente lo abbiamo fatto, ma i fatti lo impongono, vorremo intrattenerci ancora una volta con voi su quanto sta accadendo nei palazzi della politica specialmente all’indomani della convention romana del PD. Il quale, tra sottili messaggi di ripicche e addii eccellenti, leggasi decisione di Errani di uscire dalla compagine che l’ ha visto ai vertici della regione Emilia Romagna e oggi Commissario straordinario per la ricostruzione post-terremoto, mette in evidenza come le acque nel partito, una volta rosso oggi rosè, non sono assolutamente calme. Questione che, gioco forza, si ripercuoterà anche sul Molise che, in questi giorni, vede sulla stampa locale l’esternazione delle varie anime della sinistra che, con paroloni, enfasi, discorsi e dati alla mano cercano e vogliono la compattezza di quello che è la forza, almeno di quello che ne rimane, che governa il Paese e in particolare il Molise. Personaggi che si professano referenti DOC che, con affabilità mascherano la sornioneria e sorridono all’idea di fare contenti tutti, senza esclusione alcuna, il che è deleterio se si vuole veramente ricostruire quello che si è demolito coscientemente. Fin qui nulla di strano, si potrebbe obiettare, perché tutto questo appartiene al circo politico con tanto di numeri e attrazioni. La stranezza invece c’è ed è talmente palese che non passa inosservata agli occhi dei più. Una stranezza che da adito a una serie d’interrogativi che cercheremo di sintetizzare al massimo. Vi siete mai chiesti perché solo in queste occasioni i signori di palazzo, quelli che contano veramente, almeno a detta loro, fanno appello all’unione? Vi siete mai chiesti perché nel Molise, quando ci sono le emergenze politiche, si chiedono ulteriori consensi? Vi siete mai chiesti perché chi è stato eletto a rappresentarci, una volta passata la bufera latita e latiterà? Potremo aggiungere altri interrogativi, ma temiamo che non basterebbe un edizione intera del giornale.
Interrogativi che la gente comune, quella che ogni giorno con sacrificio cerca di tenere altro il morale del Molise, si e ci pone quotidianamente. Interrogativi che facciamo bene a porci e porre perché soltanto in questo modo si può avere contezza del problema Molise. Perché di un problema si tratta; ecco il perché per rendere meglio l’idea abbiamo voluto utilizzare un detto popolare, quale titolo per evidenziare che una volta spenti i riflettori e portato a casa il risultato, la nostra regione, sprofonderà nuovamente nel dimenticatoio e tornerà a essere un semplice corridoio di passaggio per raggiungere realtà molto più interessanti sotto tutti i punti di vista. Una regione che, caso mai non ce ne fossimo accorti, è sempre bene tenere sveglie le menti critiche, reclama da sempre la propria identità, un proprio ruolo. Un ruolo ed un identità che non possono essere sbandierati a mo di specchietto per le allodole allorquando necessitano consensi.
Un’identità e un ruolo che nonostante le dimensioni del territorio sono ben definiti. Un’identità e un ruolo che si rivendica voce alta. Un’identità e un ruolo che, al contrario di quanto si possa credere, non ci vede più vassalli perché i tempi delle signorie, anche se romantici, non appartengono più al nostro modo di essere, al nostro modo di vivere, al nostro modo di operare, al nostro modo di essere Molisani e non un serbatoio da cui attingere consensi all’abbisogna, specialmente quando il terreno sta per franare, se non addirittura è franato.
Massimo Dalla Torre